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    Home » L’uguaglianza di genere arretra
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    L’uguaglianza di genere arretra

    Updated:Luglio 11, 2023
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    Roma, 2 luglio 2023 – È questa la sconcertante realtà sottolineata dal bollettino informativo di Statista che dovrebbe allarmarci. Per il 2023 Global Gender Gap del World Economic Forum, in base alle tendenze attuali, ci vorranno altri 131 anni per colmare il divario globale tra i sessi. Il 30% in più rispetto alle previsioni per il 2020. Mentre l’uguaglianza di genere in politica è stimata a 162 anni di distanza.

    Il rapporto ha preso in esame quattro serie di indicatori: partecipazione e opportunità economiche, livello di istruzione, salute e cura ed emancipazione politica.

    A renderci attenti su questi dati è l’Associazione mondiale per la comunicazione cristiana (WACC). Associazione nel cui Comitato Esecutivo Europeo siede il responsabile della comunicazione della CELI, Gianluca Fiusco.

    L’impatto economico della pandemia è il principale fattore di arretramento. Tuttavia, mentre alcuni Paesi hanno recuperato il ritmo dei progressi verso la parità di genere; molti altri rimangono stagnanti o continuano ad arretrare. 

    I primi nove Paesi che hanno colmato almeno l’80% del loro divario di genere sono Islanda, Norvegia, Finlandia, Nuova Zelanda, Svezia, Germania, Nicaragua, Namibia e Lituania. Stati Uniti, Canada e Svizzera sono tra i Paesi che ancora arretrano.

    Il fatto che l’Italia sia sostanzialmente ferma non è confortante. Il nostro Paese si trova al 79mo posto su 146 Paesi. Nel dettaglio degli indicatori individuati siamo al 104mo posto per partecipazione alle opportunità economiche (che significa sostanzialmente professioni, mercato economico del lavoro, etc…). Ed al 60mo posto per livelli di istruzione paritari, al 95mo per la salute e cure e 64mo per partecipazione politica paritaria. 

    Gianluca Fiusco, responsabile comunicazione CELI, membro Comitato Esecutivo WACC/Europe

    “Quest’ultimo dato in particolare, prosegue Fiusco, è emblematico. Nonostante la società italiana abbia espresso una leadership femminile, (Presidente del Consiglio dei Ministri e principale leader dell’opposizione), ciò non ha prodotto una reale inversione di tendenza”.

    Inoltre, il Global Media Monitoring Project 2020 ha stimato che, a parità di condizioni, ci vorranno almeno altri 67 anni per colmare il divario di genere nei media tradizionali. Ed il prossimo studio sarà concluso nel 2025. Perciò non c’è molto tempo per accorciare le distanze. 

    L’Europa, continua Fiusco, “si colloca quindi al terzo posto dopo Nord America e Asia orientale e del Pacifico sulla partecipazione economica paritaria tra donne e uomini. Con una diminuzione di 0,5 punti percentuali rispetto all’anno scorso a campione costante. E, mentre Norvegia, Islanda e Svezia mantengono la più alta parità in materia di partecipazione economica e opportunità delle donne, Italia, Macedonia del Nord e Bosnia-Erzegovina la più bassa”. 

    “È evidente, sottolinea il responsabile comunicazione CELI, che se le differenze più marcate rimangono in settori nevralgici come il mercato economico e del lavoro, o nelle Istituzioni, il compito sarà sempre più difficile”.

    D’altra parte, segnala il rapporto WACC, una rappresentazione equa e paritaria delle donne nei media è riflesso e indicatore dell’uguaglianza di genere. Le donne mostrate e citate come leader ed esperte influenzano il dibattito pubblico e dimostrano tangibilmente a tutti opportunità e possibilità che le donne hanno nella vita pubblica.

    Tuttavia ciò che è emerso con maggiore evidenza negli ultimi anni sono i rischi cui le donne “pubbliche” sono esposte. Ad esempio online. Misoginia, molestie e violenze online hanno perciò spinto molte di loro a tacere o ad andare completamente offline. Come ha raccontato di recente una parlamentare tanzaniana allo staff della WACC: gli abusi online inducono le donne che vorrebbero impegnarsi in politica a evitare i social media. La conseguenza è la riduzione della loro visibilità, quindi la possibilità di essere elette oltre a quella di poter invogliare altre donne ad impegnarsi.

    Il  rapporto del WEF evidenzia anche il divario di genere nell’accesso al digitale. L’apprendimento online offre flessibilità, accessibilità e personalizzazione, consentendo ai discenti di acquisire conoscenze in un mondo che si adatta alle loro specifiche esigenze e circostanze. Tuttavia, donne e uomini non hanno attualmente pari opportunità e accesso a queste piattaforme online, dato il persistente divario digitale. Anche quando utilizzano queste piattaforme, si riscontra un divario di genere nella qualificazione. Soprattutto per quanto riguarda le competenze che si prevede diventeranno sempre più richieste e importanti in futuro. 

    I dati di Coursera, ad esempio, indicano che a partire dal 2022, ad eccezione dei corsi di insegnamento e tutoraggio, la disparità di genere si è vista nelle iscrizioni in ogni categoria di competenze.

    Il rapporto prosegue osservando che quando le donne si iscrivono, “tendono a raggiungere la maggior parte dei livelli di competenza nelle categorie di abilità studiate in un tempo inferiore rispetto agli uomini”.

    La rappresentazione nelle notizie, l’accesso digitale e la cyberviolenza sono quindi solo alcuni dei fattori fondamentali che alimentano la disparità di genere nella comunicazione. Il rapporto dimostra ancora una volta che fino a quando i diritti di comunicazione non saranno rispettati e soddisfatti, il raggiungimento di altri diritti e, in ultima analisi, dell’uguaglianza, rimarrà lontano.

    Glossario e approfondimenti
    Coursera, è un'azienda statunitense che opera nel campo delle tecnologie didattiche fondata da docenti d'informatica dell'Università di Stanford.
    
    Articolo completo WACC, qui (in inglese).
    Rapporto completo in pdf, qui (in inglese).
    genere gianluca fiusco uguaglianza wacc
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