Roma, 1 febbraio 2023 – Il 1 febbraio 1933 Dietrich Bonhoeffer parla ai microfoni della Berliner Funkstunde, del tema “Il Führer e il singolo” denunciando chiaramente il rischio che il Führer, ossia colui che vuol guidare il popolo, sia in realtà un Verführer, un seduttore ovvero “colui che travia” il popolo.
Adolf Hitler aveva ottenuto l’incarico di formare il nuovo governo due giorni prima: il 30 gennaio.
Il discorso di Bonhoeffer alla radio è bruscamente interrotto dopo aver pronunciato queste parole:
“L’uomo, e soprattutto il giovane, sentirà il bisogno di dare autorità su di sé a un leader finché non si sentirà lui stesso abbastanza maturo, forte, responsabile da rendersi conto da solo della pretesa riposta in quell’autorità […] Il leader deve perciò essere responsabilmente consapevole di una chiara limitazione della sua autorità. Se intende la sua funzione in modo diverso da come è fondata nella materia, allora l’immagine del leader scivola in quella del seduttore“.
È la sua prima e sarà anche la sua ultima conferenza radiofonica. Il teologo luterano, infatti, non sarà più invitato a partecipare a trasmissioni radiofoniche.
Ma chi era Dietrich Bonhoeffer?
Nato a Breslavia il 4 febbraio 1906 da una famiglia della borghesia protestante, studia teologia e diventa il più giovane docente della Facoltà teologica dell’Università di Berlino, dal 1931. Il 15 novembre dello stesso anno Bonhoeffer è ordinato pastore nella Matthäuskirche, situata a poca distanza da Potsdamerplatz.
Bonhoeffer fu una delle voci tedesche che, fin dall’inizio, si pose in decisa e aperta critica al nazismo. Quando, il 7 aprile 1933 entrò in vigore la “Legge per la restaurazione del pubblico impiego”, contenente il cosiddetto ‘paragrafo ariano’, che prevedeva di “purificare” la Chiesa da ogni elemento ebraico, Bonhoeffer prese subito posizione con una conferenza dal titolo “La Chiesa di fronte al problema degli Ebrei”: «si è credenti non in quanto si appartiene ad una razza, ma in quanto si crede in Gesù Cristo». Pur rimanendo isolato all’interno della sua stessa Chiesa, Bonhoeffer non ammorbidì mai le sue posizioni.
Il suo sconcerto fu semmai maggiore dinanzi al silenzio che seguì la “notte dei cristalli” (Reichskristallnacht, 9-10 novembre 1938). Dalle Chiese infatti non arrivò alcuna parola di condanna né di protesta. Per Bonhoeffer era inaccettabile ciò che stava accadendo al popolo ebraico. Al riguardo scrisse: “la cacciata degli Ebrei dall’Occidente comporterà inevitabilmente l’espulsione di Cristo, poiché Gesù Cristo era ebreo”.
In quegli anni lo troviamo negli Stati Uniti per alcune conferenze, quando decide di tornare in Europa perché preoccupato per il corso degli eventi.
La “cospirazione”
In Germania si unì al gruppo di alti ufficiali dell’esercito che cospiravano per deporre Hitler, ricoprendo un ruolo di “collegamento con l’estero”.
Durante il Natale del 1942 scrisse un saggio dedicato agli amici “cospiratori”: tra le pagine più alte della resistenza tedesca.
Per Bonhoeffer ciascuno deve saper assumere la responsabilità di agire, per non rimanere alla finestra e finire per diventare complice. Il testo, nascosto sotto le travi del tetto della casa dei suoi genitori a Berlin-Charlottenburg, sarà ritrovato anni dopo (in Marienburger Allee, 43).
Il 5 aprile 1943 la Gestapo fa irruzione nella casa dei genitori e arresta Bonhoeffer per condurlo nel carcere militare di Berlino Tegel. Qui trascorrerà in isolamento diverse settimane.
Quando, il 20 luglio 1944, l’attentato contro Hitler fallisce, la sua sorte è segnata. I congiurati, subito arrestati, vengono quindi giustiziati. Si tratta del colonnello von Stauffenberg e centinaia di altri congiurati, fra cui lo zio di Bonhoeffer, il generale Paul von Hase. Le sentenze, emesse dal giudice Roland Freisler, fanatico nazista che aveva già deciso la condanna a morte del gruppo studentesco della Rosa Bianca nel 1943, sono arbitrarie e farsesche.
La situazione si fa drammatica quando il 12 settembre 1944 la Gestapo scopre nel quartier generale di Zossen dei documenti che dimostrano il coinvolgimento nella congiura di Bonhoeffer e dei suoi amici.
Epilogo
Così, il 3 aprile 1945 Bonhoeffer e altri quindici prigionieri politici prelevati e, su un camion, portati nella foresta bavarese, a Regensburg e Schönberg per l’ennesimo processo farsa: condannati tutti a morte per alto tradimento.
L’accusa: aver ordito il complotto del 20 luglio 1944.
Bonhoeffer, teologo luterano, è così accusato di avere collaborato all’organizzazione di un tirannicidio.
Alla domanda che i compagni di prigionia gli rivolgono su come sia possibile violare il comandamento “non uccidere”, Bonhoeffer rispose: «Se un pazzo guidasse un auto sul marciapiede della Kurfürstenstrasse (tra le strade principali di Berlino, ndr), da pastore non posso solamente seppellire i morti e consolare i parenti: se mi trovo in quel posto io devo saltare su quell’auto e strappare l’autista dal volante».
Dietrich Bonhoeffer verrà impiccato il 9 aprile 1945.