La CELI esprime solidarietà al giornalista Sigfrido Ranucci
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La CELI esprime solidarietà a Sigfrido Ranucci e a chi difende con coraggio la libertà d’informazione e la verità.
Un attacco alla libertà d’informazione
Nelle scorse ore, a Roma, un ordigno esplosivo ha distrutto le auto del giornalista RAI Sigfrido Ranucci. La figura di Ranucci, e della trasmissione di inchiesta Report da lui curata, è stata spesso al centro del dibattito pubblico, anche per le conseguenze che molte inchieste hanno avuto sulla classe politica e sull’economia italiana.
Una lunga storia di intimidazioni
L’Italia in particolare è un Paese nel quale non è possibile liquidare con superficialità le azioni di intimidazione rivolte ai giornalisti. La storia recente e passata è purtroppo segnata da episodi tragici: da Cosimo Cristina a Beppe Alfano, da Ilaria Alpi a Mauro Rostagno, da Peppino Impastato a Giancarlo Siani, e molti altri ancora. Ogni attacco alla libertà d’informazione rappresenta una ferita per la democrazia e per la coscienza civile del Paese.
Il valore della parola
Il Vangelo è una “buona notizia” e, come Chiese, riconosciamo il valore inestimabile della parola — quella parola che annuncia, che rivela, che porta alla conoscenza. La Parola di salvezza, nel tempo, ha contribuito a spezzare l’oscurità dei tempi e delle società, aprendo spazi di libertà e di speranza.
Parole che liberano
Abbiamo bisogno di parole che aprano alla comprensione, alla ricerca, alla verità. La “buona notizia” del Vangelo è buona perché libera da interessi particolari, è universale, rivolta a tutti e tutte, e apre alla speranza. Ma è anche una notizia scomoda, che ci pone davanti alle nostre imperfezioni, ai nostri calcoli, al nostro peccato. Le buone notizie non servono a compiacerci, ma a renderci più consapevoli, a spingerci alla conoscenza, alla responsabilità, all’impegno.
Difendere chi difende la verità
In un tempo segnato dalla diffusione di fake news e manipolazioni della realtà, è indispensabile difendere chi, con coraggio e onestà, si impegna a informare, a raccontare, a cercare la verità. La Chiesa Evangelica Luterana in Italia esprime la propria solidarietà al giornalista Sigfrido Ranucci, alla sua famiglia e a tutte le persone che, nel mondo dell’informazione, rischiano la propria sicurezza per adempiere al dovere di raccontare ciò che accade, nella libertà e nella verità.
Il Giorno della Riforma resta attuale: simbolo di libertà, rinnovamento e memoria cristiana per la società di oggi.
Feste utili o inutili?
Mentre in Italia, il Governo istituisce la festa di San Francesco, dal 4 ottobre del prossimo anno, in Germania il dibattito si concentra sull’utilità e importanza del 31 ottobre, festa della Riforma.
Negli ultimi giorni, infatti, in Germania si è tornato a discutere sulla rilevanza del Giorno della Riforma, che si celebra ogni anno il 31 ottobre.
La deputata della CDU Gitta Connemann ha infatti sostenuto che la festività sia ormai divenuta “obsoleta”, poiché molti la vivono semplicemente come occasione di svago.
Le Chiese evangeliche hanno reagito con fermezza, ricordando l’importanza profonda di questa giornata per la coesione sociale e per la memoria collettiva del Paese.
Coesione sociale e memoria collettiva
La Chiesa Evangelica in Germania (EKD) ha respinto con decisione le richieste di abolizione, sottolineando che non vi sono evidenze di benefici economici derivanti dalla soppressione dei giorni festivi.
“Nonostante i suoi giorni festivi, la Germania resta una delle economie più potenti al mondo. Non esistono prove empiriche di vantaggi economici legati alla loro abolizione”.
Per l’EKD, il Giorno della Riforma infatti “è molto più di una festa religiosa: commemora un risveglio storico che ha plasmato la cultura, la spiritualità e la vita politica del nostro Paese. È simbolo di rinnovamento e di libertà di coscienza, valori che rimangono centrali anche per l’economia e la società in tempi di trasformazione”.
Una tradizione democratica
Anche diversi esponenti politici hanno espresso dissenso verso la proposta della deputata Connemann. Thomas Rachel, presidente federale del Gruppo di lavoro evangelico della CDU/CSU (EAK) e membro del Consiglio dell’EKD, ha ricordato che “abolire il Giorno della Riforma non corrisponde allo spirito della tradizione cristiano-democratica. La forza formativa del cristianesimo deve essere preservata anche in futuro”.
Da parte sua, il vescovo di Berlino, Christian Stäblein, ha ribadito che le festività cristiane “non sono solo momenti di pausa, ma occasioni di riflessione e di rinnovamento”.
Eliminare giornate che invitano alla memoria, ha detto, significherebbe “minare le basi di una società coesa e fondata su valori condivisi”.
Un dibattito assurdo?
Ancora più netto il giudizio di Friedrich Kramer, vescovo regionale della Chiesa evangelica della Germania centrale (EKM), che ha definito “assurda” l’idea di rinunciare al 31 ottobre perché alcune chiese appaiono meno frequentate: “Se seguissimo questa logica, dovremmo discutere anche sull’abolizione del Giorno dell’Unità tedesca, poiché non tutti partecipano alle cerimonie”.
Oggi il Giorno della Riforma è riconosciuto come festività ufficiale in nove stati federali su sedici, tra cui quelli della Germania orientale e, dal 2018, anche in regioni del Nord come Brema, Amburgo, Bassa Sassonia e Schleswig-Holstein.
Per le Chiese evangeliche, il 31 ottobre non è un semplice “giorno libero”, ma il ricordo di un evento che ha trasformato la storia d’Europa e ha dato vita al protestantesimo. È un giorno che invita ancora oggi a riformare la fede, la società e la convivenza civile, nella libertà e nella responsabilità.
Come luterani in Italia il giorno della Riforma aiuta a riscoprire le radici della nostra fede, ma aiuta anche a guardare con speranza al futuro, nella consapevolezza che la Riforma non è un fatto del passato, bensì un processo continuo di rinnovamento spirituale, culturale e sociale.
La Federazione Luterana Mondiale accoglie con speranza l’accordo di pace per Gaza, passo decisivo verso giustizia e riconciliazione durature.
Accordo di pace
La Federazione Luterana Mondiale (LWF) accoglie con profonda speranza l’annuncio dell’accordo di pace per Gaza tra Israele e Hamas.
Si tratta di “un passo vitale e atteso da tempo verso la fine del devastante ciclo di violenza” e delle immense sofferenze inflitte ai civili da entrambe le parti.
“Il popolo di Israele e quello di Palestina meritano una pace duratura fondata sulla giustizia”, ha dichiarato la Segretaria generale della Federazione, pastora Anne Burghardt.
“Dopo tanta sofferenza, a Gaza, tra gli ostaggi e le loro famiglie e in Cisgiordania, questo accordo offre finalmente un sollievo”.
Il piano, nelle indiscrezioni finora conosciute, prevede la liberazione degli ostaggi ma anche il ritiro delle truppe israeliane da ampie aree di Gaza.
Ed ancora l’ingresso degli aiuti umanitari con il rilascio di prigionieri palestinesi.
L’appello ribadisce la ferma convinzione della Federazione perché il dialogo, e non la violenza o la distruzione, sia l’unica via verso una pace autentica. L’organizzazione riconosce e apprezza gli sforzi di tutte le parti coinvolte e della comunità internazionale che hanno reso possibile questo accordo.
La Federazione Luterana Mondiale rivolge un appello a:
Israele e Hamas, affinché attuino fedelmente i termini dell’accordo e garantiscano il rispetto del diritto umanitario internazionale e dei diritti umani, in spirito e in pratica;
Israele, perché metta al centro delle proprie azioni la protezione dei civili e l’accesso umanitario senza ostacoli;
La comunità internazionale, perché mantenga e approfondisca il proprio impegno nel processo di pace, consapevole che una pace duratura richiederà accompagnamento continuo — attraverso assistenza alla ricostruzione, impegno diplomatico e costante difesa della giustizia, della responsabilità e dei diritti umani per tutti i popoli della regione.
I Luterani ribadiscono la propria disponibilità a sostenere concretamente la pace. L’Ospedale Augusta Victoria di Gerusalemme Est è pronto ad accogliere nuovamente i pazienti provenienti da Gaza.
La LWF continuerà a pregare per una pace radicata nella giustizia, per il conforto di chi piange e per una rinnovata speranza tra i milioni di persone che hanno vissuto gli orrori degli attacchi del 7 ottobre 2023 e della guerra che ne è seguita.
“Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio”. — Matteo 5,9
A Riga, leader luterani europei riflettono su come incarnare la speranza nelle società polarizzate, testimoniando giustizia, ascolto e compassione.
Le Chiese chiamate ad essere voci di speranza
Si conclude oggi, a Riga (Lettonia) la Consultazione sulla leadership delle Chiese europee sul tema “Incarnare la speranza, fare la differenza”. La Segretaria Generale della Federazione Luterana Mondiale (LWF), Rev. Dr. Anne Burghardt, ha invitato i leader delle tre regioni europee – occidentale, orientale e nordica – a essere voci di speranza e di riconciliazione in un mondo segnato da polarizzazioni, populismi e crisi di fiducia nella democrazia.
“Incarnare la speranza significa praticare la riconciliazione e l’ascolto, senza rinunciare ai valori che rappresentiamo”, ha affermato Burghardt.
Nel suo intervento di apertura, la Segretaria Generale ha distinto l’ottimismo facile, spesso illusorio, dalla speranza radicata nella fede e nella Parola di Dio.
Questa speranza, ha sottolineato, è il cuore della strategia della Federazione e affonda le radici nella teologia dell’incarnazione, quella che afferma che “il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”.
Una teologia credibile
Burghardt ha descritto questa teologia come contestuale e profetica, capace di discernere dove il Vangelo deve sfidare pratiche culturali o sistemi ingiusti, trovando linguaggi adatti a ciascun contesto.
Ma anche una teologia personale e comunitaria, che riconosce che “nessuno può essere Chiesa da solo”, e insieme ecologica, poiché abbraccia la cura del creato e di tutti gli esseri viventi.
“Diventa credibile solo quando è vissuta”, ha ammonito Burghardt. “Le parole si traducono in fatti quando le comunità incarnano la giustizia, la misericordia e la compassione”.
Relazioni, giustizia e accoglienza
In un mondo dove crescono nazionalismi e chiusure, la Segretaria Generale ha ribadito che le Chiese devono restare inclusive, accoglienti e aperte alla diversità, testimoniando cooperazione e solidarietà.
“La testimonianza della Federazione Luterana Mondiale – ha aggiunto – può essere esempio di come preservare la propria identità rimanendo aperti agli altri”.
Voci di speranza da tutta Europa
Per Aivita Putnina (Lettonia) “le persone riescono a immaginare un mondo migliore, ma spesso faticano a tradurlo in realtà”.
Ha invitato perciò le Chiese a usare gli strumenti che già possiedono per porre fine alla violenza e diffondere speranza, attraverso ascolto, empatia e cura.
Nei diversi interventi, la speranza è stata raccontata come esperienza concreta di solidarietà:
Per Sarah Farrow, cappellana universitaria a Londra, il dialogo interreligioso è una prassi importante contro xenofobia e odio.
Veronica Pålsson (Chiesa di Svezia) ha ribadito l’ importanza di guardare alla testimonianza della speranza nelle persone che “hanno il coraggio delle proprie convinzioni” e nella fiducia che la Chiesa possa offrire “qualcosa di diverso da ciò che i social o la politica propongono”.
Per la Chiesa Evangelica Luterana in Italia (CELI) ha partecipato il Decano, pastore Carsten Gerdes.
Giovani luterani impegnati per il dialogo e la pace
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A Parigi giovani luterani europei si impegnano per dialogo, preghiera e azione comune verso comunità più giuste e pacifiche.
Giovani luterani europei uniti per la pace
Si è concluso a Parigi, dal 30 settembre al 3 ottobre 2025, l’European Youth Gathering della Federazione Luterana Mondiale (LWF), un incontro che ha riunito sessanta giovani leader provenienti da chiese luterane di tutta Europa e di altri continenti. Sotto il tema “Promises of Peace” (Promesse di pace), i partecipanti si sono confrontati su come costruire la pace nelle proprie comunità e nel mondo, partendo da una visione che intreccia dimensioni spirituali, sociali, ecologiche e relazionali.
Preghiera, dialogo e azione per la pace
Durante i lavori, i giovani hanno riconosciuto che la pace globale nasce da un impegno concreto a livello locale. Florian Toth, della Chiesa evangelica di Confessione augustana in Austria, ha sottolineato:
“Se vogliamo la pace nel mondo, dobbiamo imparare a costruirla nelle nostre comunità”.
Savanna Sullivan, responsabile del programma giovanile della Federazione, ha ricordato che la pace non è solo assenza di guerra, ma capacità di riconoscere le ingiustizie e ascoltare le voci di chi non vive in una condizione di serenità.
“Nessuno di noi vive in società completamente pacifiche,” ha spiegato, “ma possiamo imparare a notare quando manca la pace e diventare costruttori di riconciliazione”.
Giustizia intergenerazionale: fondamento di comunità pacifiche
Il raduno di Parigi è stato anche il primo di una serie di incontri regionali che anticipano la nuova politica sulla giustizia intergenerazionale della LWF, ispirata alle decisioni prese all’Assemblea di Cracovia del 2023. I giovani hanno ribadito che la pace duratura si fonda sulla partecipazione equa tra generazioni, creando spazi dove ogni voce possa essere ascoltata.
Veronica Pålsson, membro del Consiglio della Federazione, ha ricordato che questa politica “non è solo per i giovani, ma per tutte le generazioni, perché ognuna possa partecipare pienamente alla vita della Chiesa”. Anche Martin Jan Javornik, della Chiesa evangelica slovacca in Serbia, ha insistito sulla necessità di una partecipazione “non solo possibile, ma significativa”. Charlotte Frank, della Chiesa evangelica della Germania centrale, ha richiamato l’attenzione dei e delle partecipanti sul testo della Prima Lettera ai Corinzi:
“Come un unico corpo, dobbiamo prenderci cura di ogni sua parte affinché tutta la comunità stia bene.”
1. Corinzi 12, 26
Un messaggio di speranza e impegno
Al termine dell’incontro, i giovani hanno redatto un messaggio di pace fondato su dialogo, speranza e azione concreta. Riconoscendo la difficoltà di trovare la pace interiore in un mondo segnato da guerra, crisi climatica e disuguaglianze, ma hanno rinnovato l’impegno a cercarla nella fede, nella Scrittura e nella preghiera.
“Nella ricerca della pace nelle nostre comunità”, sottolinea il messaggio finale, “vogliamo affrontare i temi che dividono le chiese e la società: emergenza climatica, ingiustizie di genere e discriminazione. Guidati dalle promesse di Dio e dallo Spirito Santo, ci impegniamo nella preghiera, nel dialogo, nella costruzione di comunità e nell’azione per la pace”.
Conferenza nazionale delle donne luterane a Torre Annunziata
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A Torre Annunziata la Rete delle donne luterane ha riflettuto sul linguaggio, la cura e l’ascolto come gesti di fede.
La comunicazione che cura
Dal 3 al 5 ottobre 2025 si è tenuta presso la Comunità di Torre Annunziata la Conferenza nazionale della Rete delle donne luterane, un appuntamento biennale che riunisce donne provenienti dalle quindici Comunità della Chiesa Evangelica Luterana in Italia (CELI), insieme a ospiti di altre Chiese evangeliche e realtà del territorio.
L’iniziativa, preceduta dalla riunione del Consiglio nazionale e dalle delegate delle varie comunità luterane in Italia., è stata pensata come un momento di incontro, confronto e formazione, occasione per condividere esperienze, ascoltare voci diverse e approfondire tematiche comuni.
Le attività, organizzate dalla Referente nazionale Maria Antonietta Caggiano con il Consiglio della Rete, hanno alternato momenti di dialogo, musica e formazione. Al centro della conferenza, una sessione intensiva dal titolo “La comunicazione che cura”, curata da Gianluca Fiusco, responsabile nazionale della comunicazione CELI e referente della Diaconia Luterana.
Parole che curano
Il percorso ha condotto i partecipanti in un viaggio tra linguistica, teologia e relazioni di cura. A partire dal linguaggio come elemento costitutivo della relazione umana e come strumento di connessione tra il sé e l’altro.
“Le parole sono unità costitutive del discorso. Eppure, pur essendo arbitrarie nella loro origine, generano effetti reali sulle persone”, ha ricordato Fiusco, invitando a scoprire come ciascuna e ciascuno possa usare le parole per curare, ascoltare e accompagnare.
La riflessione si è poi spostata sul concetto di cura, esplorato nella sua radice curare (“scaldare il cuore”, “osservare con attenzione”) e nella prospettiva biblica: Gesù come colui che ascolta, domanda e si prende cura. Attraverso testi evangelici e riferimenti filosofici (da Heidegger a Frans de Waal), si è discusso di cura come scelta e inclinazione naturale alla solidarietà, come attenzione concreta all’altro, fondata sull’ascolto e sull’empatia.
Nella seconda parte del seminario, ispirata al modello delle quattro orecchie di Friedemann Schulz von Thun, i partecipanti hanno riflettuto sul valore della comunicazione empatica nelle relazioni quotidiane, nella comunità e nella vita di Chiesa.
“Le parole che curano nascono nella relazione”, ha sottolineato Fiusco, “una relazione resa possibile solo da ascolto, tempo e consapevolezza”.
La conferenza si è conclusa con un momento di confronto sul rapporto tra tempo, linguaggi e mezzi digitali, ponendo una domanda cruciale per la vita delle Chiese di oggi: come costruire relazioni empatiche, capaci di cura, in un tempo dominato dalla fretta e dalla comunicazione algoritmica?
L’incontro di Torre Annunziata ha lasciato una traccia profonda: la consapevolezza che la cura è una forma di comunicazione e che la parola, quando è ascolto e relazione, diventa luogo di sostegno reciproco e di fede condivisa.
La CELI denuncia l’occupazione a Gaza, chiede giustizia e riconciliazione, invocando azione diplomatica, solidarietà concreta e memoria responsabile.
Dichiarazione della CELI
La Chiesa Evangelica Luterana in Italia (CELI) chiede la fine dell’occupazione di Gaza, il rispetto del diritto internazionale e un impegno concreto per la pace e la riconciliazione.
Questa la dichiarazione:
In questi mesi il popolo di Gaza ha vissuto una condizione di assedio e sofferenza che ha sconvolto le coscienze di tutto il mondo. Nessuno di noi dimentica l’orrore del 7 ottobre 2023, né la complessità e le contraddizioni che la storia continua a portare alla luce.
Come Chiesa Luterana riconosciamo le responsabilità storiche che hanno attraversato l’Europa, in particolare quelle italiane e tedesche, nel tentativo di sterminio del popolo ebraico durante la Seconda guerra mondiale. Questa consapevolezza resta parte integrante della nostra identità e non può essere relativizzata dai fatti di oggi. Proprio questa memoria ci impedisce di accettare ogni banalizzazione, ogni riduzione a parallelismi che cancellano la complessità dei drammi umani e alimentano odio e paura.
Costruire società basate sulla paura genera un odio incontrollabile. Le Chiese, insieme alle istituzioni civili, hanno il dovere di contribuire a spezzare questa spirale. Non possiamo ridurre la discussione a un meccanismo di azione e reazione che giustifica la brutalità e il disprezzo del diritto. Come parte della società italiana ed europea abbiamo la responsabilità di maturare una visione diversa: Israele non troverà sicurezza nella ricerca continua di un colpevole, né il popolo palestinese potrà godere di “abbondanza di pace” (Salmo 72) in un contesto di occupazione e violenza.
La missione internazionale denominata Global Sumud Flotilla ha rappresentato uno spartiacque per l’opinione pubblica, mostrando la forza dell’empatia e della solidarietà concreta, oltre le parole. Migliaia di persone in Italia e milioni nel mondo hanno sostenuto e sostengono questo segno di resistenza civile. Anche noi, come Chiesa, siamo interrogati dalla capacità di tanti di superare l’immobilismo che spesso caratterizza le istituzioni, comprese quelle religiose.
Predicare non basta: è necessario praticare la Parola. Come ricorda Dietrich Bonhoeffer, le beatitudini del Sermone sul monte ci pongono davanti all’evento della riconciliazione del mondo con Dio in Cristo e ci affidano la responsabilità storica verso gli altri e le altre. La nostra fede non può ridursi a speculazione astratta, ma deve incidere concretamente nella società.
Per questo non ci limitiamo a generici appelli alla pace, ma chiediamo al Governo Italiano di unirsi con decisione alla pressione diplomatica internazionale affinché:
cessi immediatamente l’occupazione della Striscia di Gaza da parte delle forze armate israeliane;
siano riconosciute le violazioni del diritto internazionale e perseguiti i crimini di guerra;
venga ripristinato il quadro delle regole e dei trattati internazionali, unica via per garantire giustizia e sicurezza a tutti i popoli.
Il nostro appello non dimentica il terrore del 7 ottobre, né altre azioni di reciproca violenza e terrorismo. Ma intende affermare che la giustizia possibile deve tornare ad essere concreta, efficace e condivisa, non vendetta.
Come ammoniva ancora Bonhoeffer aiutare chi è gravato da un peso non significa semplicemente toglierglielo, ma camminare insieme rendendo il carico sopportabile. In questa condivisione possiamo contribuire a ristabilire una giustizia che non sia vendetta, ma riconciliazione.
La Chiesa Evangelica Luterana in Italia continuerà a impegnarsi in questo cammino, ascoltando e sostenendo gli ultimi, e collaborando con le organizzazioni che promuovono pace, diritti e salute, a partire da Gaza.
L’East Jerusalem Hospital Network chiede tutela medica immediata a Gaza: cure salvavita, corridoi umanitari, tutela dei pazienti e operatori.
Tutela delle cure
L’East Jerusalem Hospital Network (EJHN), che comprende l’Augusta-Victoria-Hospital gestito dalla Federazione Luterana Mondiale (LWF), accoglie con favore l’appello internazionale a riaprire il corridoio umanitario medico verso la Striscia di Gaza.
Il comunicato, firmato da rappresentanti di 25 Paesi e dall’Unione Europea, chiede l’accesso immediato a cure salvavita per i pazienti di Gaza, la rimozione delle restrizioni sui rifornimenti sanitari e la protezione degli operatori medici.
Un’urgenza crescente
Gli ospedali di Gerusalemme Est si trovano a soli 70 km da Gaza. Da anni accolgono pazienti provenienti dalla Striscia, anche prima del 7 ottobre. Oggi, di fronte a ospedali locali sovraccarichi o non funzionanti, la situazione è drammatica: migliaia di malati, tra cui molti bambini, necessitano di cure che non possono ricevere a Gaza.
“Ogni giorno di ritardo mette vite a rischio”
“Abbiamo strutture, cartelle cliniche ed esperienza per garantire trattamenti di qualità”, afferma la rete ospedaliera. “Siamo pronti non solo ad accogliere i pazienti, ma anche a sostenerne il trasferimento sicuro verso Gerusalemme Est. Ogni giorno di ritardo mette vite a rischio”.
Appello alla comunità internazionale
L’EJHN si unisce alla richiesta di:
Riaprire immediatamente il corridoio medico umanitario e avviare evacuazioni.
Garantire rifornimenti sanitari adeguati e senza restrizioni.
Proteggere personale e pazienti in conformità con il diritto internazionale umanitario e le risoluzioni ONU.
“Con accesso sicuro e sostegno urgente – concludono – gli ospedali di Gerusalemme Est possono continuare a rappresentare una speranza concreta per i pazienti più vulnerabili di Gaza”.
Un appello che la CELI fa proprio con la decisione assunta nelle scorse settimane di sostenere l’azione medica a Gaza.
La Federazione Luterana Mondiale lancia un appello urgente per proteggere i bambini dai e nei conflitti.
In nome dei bambini e delle bambine
La Federazione Luterana Mondiale (LWF) si unisce all’appello lanciato da leader religiosi, Nazioni Unite e società civile per chiedere con urgenza la protezione dei bambini intrappolati nei conflitti armati.
Oggi, 473 milioni di bambini vivono in zone di guerra e 48,8 milioni sono sfollati. Nel solo 2024 le Nazioni Unite hanno documentato oltre 41.000 gravi violazioni dei diritti dell’infanzia: il numero più alto degli ultimi 25 anni.
“Come persone di fede, preghiamo e lavoriamo per la pace, proteggendo sempre i più vulnerabili. Ogni bambino è amato da Dio e ha una dignità inviolabile” – ha dichiarato la Segretaria Generale della Federazione, Rev. Dr. Anne Burghardt.
Un appello universale
La dichiarazione congiunta ribadisce che la difesa dei bambini è un imperativo etico condiviso da fedi, culture e valori umani fondamentali.
Le comunità religiose devono perciò e sempre sostenere la compassione, la protezione dei più vulnerabili e la promozione della pace.
L’infanzia spezzata dalla guerra
Ogni bambino costretto alla fuga o segnato dalla perdita di un genitore vede interrompersi il proprio cammino di crescita.
La guerra provoca non solo ferite fisiche ma anche malnutrizione, traumi psicologici, interruzione dell’apprendimento, matrimoni precoci e disgregazione sociale.
Attacchi a scuole, ospedali e rifugi sono diventate, purtroppo, una tragica normalità. Questa erosione delle norme morali e giuridiche non può essere accettata e neppure tollerata.
Cosa chiediamo agli Stati
Insieme, le comunità religiose e la società civile invitano i governi a:
Rispettare gli obblighi di diritto internazionale umanitario e proteggere i bambini.
Sostenere un cessate il fuoco immediato e la risoluzione pacifica dei conflitti.
Garantire accesso sicuro a cibo, acqua, cure mediche e supporto psicosociale.
Proteggere scuole e ospedali, evitando il loro utilizzo a fini militari.
Rafforzare i meccanismi di responsabilità contro le violazioni dell’infanzia.
Affrontare le cause profonde delle guerre: scarsità di risorse, sfollamenti, crisi climatica, tensioni politiche e sociali.
Prevenire, sensibilizzare, dialogare
Per il bene dei nostri figli, dobbiamo agire subito. La pace non è un’utopia ma una responsabilità comune. La speranza, la solidarietà e il dialogo possono trasformare la storia, difendendo chi rappresenta il nostro futuro: i bambini.
Corso di aggiornamento per predicatori a Firenze: tre giorni di formazione, scambio e culto comunitario.
19-21 Settembre
Era giunto il momento: la pastora Susanne Krage-Dautel (Firenze) e il pastore Johannes Ruschke (Venezia) hanno invitato a Firenze un gruppo di predicatrici e predicatori per un corso di aggiornamento.
Un gruppo numeroso ha risposto: dieci partecipanti provenienti da diverse città italiane.
Il lavoro sul testo e sulla predicazione
L’incontro è iniziato venerdì pomeriggio, con un giro di presentazioni nella sala comunitaria messa a disposizione dalla comunità fiorentina. Il tema centrale era analizzare e scrivere una predica, sia in gruppo che individualmente. La sfida è stata grande: le lingue (italiano e tedesco) potevano sembrare un ostacolo, ma come dice un proverbio: “Dove c’è volontà, c’è anche una strada”.
L’obiettivo comune era chiaro: preparare e celebrare insieme il culto domenicale per la comunità di Firenze. Per la liturgia, i due pastori hanno offerto il loro sostegno, così da permettere ai partecipanti di concentrarsi soprattutto sulla predicazione.
Accoglienza e momenti comunitari
Oltre al lavoro, non sono mancati i momenti di convivialità:
una visita guidata della città grazie a un membro della comunità, che ha illustrato con passione le bellezze di Firenze;
pasti ben organizzati, vari e abbondanti, che hanno reso piacevoli le giornate.
Un culto vissuto insieme
Il culto del 21 settembre 2025 è stato vissuto come un vero successo comunitario. È apparso evidente quanto sia importante il servizio delle predicatrici e dei predicatori nella CELI, affinché i culti possano sempre avere luogo nelle comunità.
Questa collaborazione diventa un arricchimento reciproco, un vero e proprio “bagaglio di idee” da portare poi nelle diverse realtà locali.
Ringraziamenti e unione
Un grazie sincero ai pastori che hanno guidato l’incontro, alla comunità di Firenze per l’ospitalità e alla CELI che sostiene e finanzia la formazione.
Come ricorda la Prima Lettera ai Corinzi (12):
“Cristo è come un corpo che ha molte parti. Tutte le parti, anche se sono molte, formano un unico corpo.”
Un messaggio chiaro: noi tutti insieme formiamo una sola cosa.