
La Bibbia non conosce la noia
Il tempo è radicamento, non corsa al cambiamento, Johann Hinrich Claussen riflette sulla percezione del tempo oggi e nella Bibbia.
Pratiche e simboli
Nella notte tra il 26 e il 27 ottobre, gran parte dei Paesi europei sposterà le lancette dell’orologio indietro di un’ora. Un gesto che, al di là della sua funzione pratica, ci ricorda quanto il tempo scandisca la nostra vita quotidiana. Ma come veniva percepito il tempo in epoca biblica? E cosa possiamo ancora imparare da quella visione antica?
A riflettere su questo tema è Johann Hinrich Claussen, teologo luterano, responsabile degli affari culturali della Chiesa evangelica in Germania (EKD), che invita a guardare al tempo con occhi diversi, oltre l’ossessione moderna per la velocità e il cambiamento.
Il tempo biblico: un ritmo sacro e ciclico
Secondo Claussen, nella Bibbia il tempo è ordinato religiosamente. La settimana di sette giorni, le stagioni, le feste religiose: tutto contribuisce a un ritmo di vita ciclico, non lineare.
L’idea moderna di tempo come progresso continuo era estranea alla mentalità biblica, che riconosceva invece una relazione tra tempo, natura e fede. “Il pensiero premoderno non associava il passare del tempo al miglioramento”, spiega Claussen. “Oggi, al contrario, crediamo che ogni passo avanti debba significare crescita. Ma la Bibbia non condivide questa logica”.
Crisi e speranza: l’attualità del pensiero apocalittico
Nella cultura contemporanea, stia riemergendo un modo di pensare apocalittico: l’idea che il mondo sia destinato a una catastrofe finale. “Non parlerei di rassegnazione – dice Claussen – ma di consapevolezza delle crisi. Viviamo tempi in cui tutto sembra interconnesso e fuori controllo. Questo genera impotenza, ma anche l’attesa che qualcosa, o qualcuno, ristabilisca un ordine”.
La visione biblica, però, invita a leggere la crisi non come condanna, ma come occasione di rinnovamento e di fiducia nell’opera di Dio.
Felicità e permanenza: la Bibbia non conosce la noia
Un altro aspetto sorprendente è la totale assenza del concetto di noia nella Bibbia.
Gli uomini e le donne in quei tempi non conoscevano le distrazioni e la velocità che oggi rendono il nostro tempo frammentato.
Per la Bibbia, la felicità non è nel cambiamento continuo, ma nella stabilità: “Come dice il primo Salmo, felice è chi è come un albero piantato lungo corsi d’acqua, che non appassisce né svanisce”.
Questa immagine di radicamento – prosegue Claussen – può essere ancora oggi fonte di ispirazione: la soddisfazione duratura, costruita nel tempo, è più preziosa di quella immediata.
Dal Medioevo alla modernità: costruire per l’eternità
Nella sua riflessione Claussen cita anche l’esempio delle cattedrali medievali, opere che richiedevano decenni se non secoli per essere completate. “Chi le iniziava sapeva che non le avrebbe mai viste finite. Eppure costruiva per l’eternità”.
Un pensiero lontano dalle logiche moderne, dominate dai cicli brevi della politica e dell’economia. “L’immagine di una cattedrale medievale, frutto di molte generazioni, resta una delle più toccanti: ci insegna che il tempo può essere un atto di fiducia collettiva”.
L’organo di John Cage: il tempo come meditazione
Come esempio contemporaneo di questa prospettiva, Claussen cita l’opera per organo di John Cage a Halberstadt, composta per durare 639 anni. “All’inizio pensavo fosse solo una follia. Poi ho capito che è un’opera d’arte sacra che ci invita all’umiltà e a pensare oltre i confini del nostro tempo”.