
Kirchentag 2025, vivere e dare forma alla democrazia
Roma, 30 gennaio 2025 – Con questo richiamo alla partecipazione, la conferenza stampa di presentazione ha illustrato il programma del prossimo Kirchentag (lett. giornate della Chiesa) ad Hannover.
Quest’anno il Kirchentag si svolgerà dal 30 aprile al 4 maggio all’insegna del dialogo sociale, fede e cultura.
Oltre 1.500 gli eventi previsti dal programma (qui in tedesco), distribuiti in più di 60 luoghi. Sono previsti oltre 100.000 partecipanti per partecipare a concerti, dibattiti e workshop, che vedranno la presenza di ministri, rappresentanti sociali, attivisti e leader religiosi.
Democrazia e dignità
La presidente del Kirchentag, Anja Siegesmund, ha sottolineato l’urgenza di difendere la democrazia: “Democrazia, dignità umana, stato di diritto e giustizia sociale non sono scontati. Vanno rispettati, difesi e vissuti. Per questo invitiamo tutti a partecipare a Hannover, per dimostrare che abbiamo più cose in comune di quelle che ci dividono“.
Il contesto politico del 2025, segnato dalla formazione di un nuovo governo federale tedesco, rende il Kirchentag un momento di confronto cruciale per la ricerca di una base democratica stabile. La segretaria generale, Kristin Jahn, nel corso del confronto con i giornalisti ha affrontato il tema della strumentalizzazione della religione per fini politici: “La fede non è un affare privato. Agisce sulla società. Quando politici come Donald Trump si proclamano salvatori, non possiamo ignorare il problema. La democrazia, come il Vangelo, rifiuta la creazione di nemici e riconosce la complessità della convivenza“.
Responsabilità, ascolto e azione
Il Kirchentag non elude le responsabilità delle chiese. Diverse iniziative daranno voce alle vittime di violenze sessuali, offrendo loro spazi per raccontare il proprio vissuto e proporre richieste e idee per affrontare il problema.. Questi momenti sono stati sviluppati in collaborazione con le associazioni delle vittime, che parteciperanno attivamente agli incontri.
L’evento promuove un ampio coinvolgimento del pubblico. “Non solo ascoltare, ma anche agire“, ha spiegato Stefanie Rentsch, responsabile del programma. Un’intera struttura della Volkshochschule di Hannover ospiterà workshop interattivi, mentre i partecipanti potranno confrontarsi direttamente con esperti su temi di attualità.
Cultura, spettacolo: una fede poliedrica
Le serate offriranno momenti di spettacolo e riflessione. Sul Platz der Menschenrechte e all’Opernplatz, così come nei padiglioni della fiera, artisti affermati e giovani talenti creeranno un’atmosfera unica. Tra gli ospiti attesi, Max Herre e Joy Denalane con il concerto “Alles Liebe“, oltre a Bodo Wartke, Jupiter Jones, Jamaram & Jahcoustix, il jazzista Nils Landgren e il leggendario clarinettista Giora Feidman.
La Chiesa Evangelica-Luterana di Hannover contribuirà con spazi di dialogo e accoglienza. Il vescovo Ralf Meister ritiene infatti importante ribadire il confronto su diversità religiosa e culturale: “Oggi più che mai, dobbiamo costruire un dialogo che arricchisca tutti, credenti e non. I temi dei giovani devono essere al centro del nostro agire. Con il format ‘Questioni di sopravvivenza’, li coinvolgeremo direttamente nel dibattito“.
Il Kirchentag 2025 si preannuncia quindi come un evento straordinario, capace di stimolare riflessioni profonde e di offrire occasioni di incontro autentico tra persone di diversa provenienza e convinzione.

Austria, transizione energetica e concreta responsabilità
Roma, 28 gennaio 2025 – La Chiesa Evangelica in Austria ha lanciato un’iniziativa innovativa per promuovere la sostenibilità energetica.
Con il motto “Costruiamo insieme il più grande centrale elettrica da balcone in Austria”, l’azione invita Comunità e membri di chiesa a installare piccoli impianti fotovoltaici domestici, noti come Balkonkraftwerke. Questa iniziativa mira a ridurre la dipendenza dai combustibili fossili e favorire una transizione energetica più equa.
L’azione permette di beneficiare della detrazione dell’IVA prima della sua abolizione. Grazie a una collaborazione con l’azienda GREENSOLAR, ogni impianto è offerto al prezzo accessibile di 299 euro.
Un Balkonkraftwerk consiste in due pannelli solari e un inverter, progettati per adattarsi alle condizioni climatiche locali. Questi impianti riducono immediatamente le bollette energetiche, poiché, in Austria, il costo di rete non si applica all’energia autoprodotta. Inoltre, rafforzano la produzione energetica decentralizzata, riducendo la dipendenza da fonti fossili e aumentando l’accettazione sociale delle energie rinnovabili.
Per il vescovo luterano Michael Chalupka ribadisce il cambiamento climatico non può essere delegato solo alla politica: “Ogni Balkonkraftwerk rappresenta un simbolo tangibile del nostro impegno per la salvaguardia della creazione e un uso responsabile delle risorse“.
Questi impianti sono ideali per chi non dispone dello spazio per grandi impianti fotovoltaici. Con una potenza massima di 800 W, possono produrre fino a 1.000 kWh all’anno, compensando notevoli quantità di energia da fonti non rinnovabili. Il recupero dei costi avviene in circa due o tre anni, rendendo l’investimento non solo sostenibile, ma anche conveniente nel lungo termine.
I luoghi di installazione spaziano dai balconi ai giardini, privilegiando orientamenti verso sud per ottimizzare la resa energetica. Grazie alla semplicità del sistema, non è richiesta un’installazione professionale, ma soltanto una comunicazione preventiva al gestore della rete.
La Chiesa Evangelica in Austria vuole così rendere evidente il ruolo di responsabilità che i credenti devono avere perché la sostenibilità energetica parta dalle azioni quotidiane delle comunità. Attraverso questa iniziativa, viene così promossa una transizione ecologica che non solo risparmia risorse, ma educa e unisce nella cura del pianeta.

Giorno della memoria, 80 anni fa
Roma, 27 gennaio 2025 – Il 27 gennaio si celebra la Giornata in memoria delle vittime del nazionalsocialismo.
Questa data, in Italia Giorno della Memoria, ricorda l’anniversario della liberazione del campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau nel 1945. L’esercito sovietico pose fine all’orrore del più grande campo di sterminio nazista, diventato simbolo dell’Olocausto.
In Germania, il 27 gennaio è riconosciuto come giorno della memoria nazionale dal 1996, mentre in Italia è con la legge 20 luglio 2000 n. 211, che viene istituito «Giorno della Memoria» in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti. Dal 2005, le Nazioni Unite hanno istituito questa ricorrenza come Giornata internazionale in ricordo delle vittime dell’Olocausto. Ogni anno, milioni di persone in tutto il mondo riflettono sugli eventi che portarono alla deportazione e sterminio di milioni di ebrei, rom, sinti, oppositori politici, persone con disabilità e altre minoranze.
Il 2025 segna un anniversario importante: ottant’anni dalla fine di Auschwitz. Questa ricorrenza invita tutti a ricordare il passato per evitare che simili tragedie si ripetano.
Un presente difficile
Il Giorno della Memoria, nel contesto attuale, alimenta riflessioni complesse e non facili. Le azioni militari di Israele a Gaza, scatenate dopo l’attentato terroristico del 7 ottobre 2023 da parte di Hamas, mettono in evidenza tensioni che non possono essere ignorate. Pur nella consapevolezza che il significato dell’Olocausto resta unico e inimitabile nella storia umana, nonostante altre tragedie richiedano attenzione e riflessione.
L’Olocausto rappresenta l’apice della persecuzione sistematica e dello sterminio, un evento senza precedenti per brutalità e organizzazione. Ricordarlo è quindi un dovere imprescindibile, non solo per onorare le vittime, ma per interrogarci sul presente. Per evitare che l’esercizio della memoria divenga sterile, essa deve parlare al nostro tempo e ai conflitti che lo attraversano.
Perciò non possiamo ignorare quanto oggi l’empatia verso Israele risulti provata di fronte a ciò che molti definiscono crimini contro l’umanità nei confronti del popolo palestinese. Questo non annulla la necessità di distinguere tra la responsabilità storica degli orrori del nazifascismo e le dinamiche attuali. Come cristiani e cristiane, dobbiamo riconoscere il nostro ruolo nelle persecuzioni antiebraiche, non solo durante la Shoah, ma anche nei secoli precedenti. Il peso di questa storia ci richiama a un esame critico, senza cedimenti a parallelismi fuorvianti.
Non solo una terribile unicità
La memoria dell’Olocausto rimane una necessità unica ma non una semplice commemorazione. È un’occasione per confessare il fallimento umano nella costruzione di una società giusta, impegnata a costruire la pace e ribadire una promessa di responsabilità. Non abbiamo imparato a evitare la guerra. La distruzione in Palestina, il conflitto in Ucraina, le tensioni globali e le promesse di nuove invasioni, le rivendicazioni di nuovi domini mostrano che l’odio continua a trovare spazio.
Questo farsi spazio dell’odio nella nostra vita ha conseguenze inimmaginabili fino a quando non si realizzano.
L’unicità dell’olocausto è frutto di un processo che non fu unico: ovvero il moltiplicarsi dell’odio e della rabbia in una società che si era smarrita. Un risultato terribile e certo unico, ma figlio di un percorso non nuovo nella storia. Un processo che perciò rischia di ripetersi drammaticamente oggi.
Scegliere la grazia di Dio e agire finché abbiamo tempo
La Parola di grazia ci invita, anche in questo contesto, a operare per la pace, sapendo che essa sarà sempre fragile e richiederà un impegno costante. Ma anche ad intervenire proprio mentre abbiamo ancora il tempo di farlo.
La legge italiana che ha istituito il Giorno della Memoria è chiara: non è un inno generico alla pace, ma un richiamo specifico a riflettere sulle leggi razziali, sulle persecuzioni e sul razzismo come fondamento legislativo dello Stato. Questa legge non ammette appiattimenti o confusione. Non si tratta di equiparare l’Olocausto ad altri eventi, ma di imparare dalla sua unicità per affrontare le sfide odierne con coerenza morale.
Ciononostante, ignorare le proporzioni di altri genocidi passati e presenti rischia di ridurre la memoria a un esercizio vuoto di senso per l’oggi. La riflessione sul passato deve perciò includere una visione critica del presente, non per relativizzare l’Olocausto, ma per dare coerenza al nostro impegno insieme etico, cristiano e civile. Oggi più che mai, ricordare l’Olocausto significa rifiutare ogni forma di oppressione e pregiudizio, ovunque si manifestino. Non accettare passivamente o per ragioni di convenienza che le nostre società covino odio e rabbia.
Il Giorno della Memoria non è perciò solo una data sul calendario. È un invito a riconoscere la dignità umana come valore universale, a partire dalla memoria storica. Solo affrontando con onestà le responsabilità del passato possiamo costruire un futuro in cui la pace, anche se precaria, abbia ancora senso.
In copertina, Denkmal für die ermordeten Juden Europas (Berlino – Mitte)

Social media e il ruolo delle Chiese
Roma, 24 gennaio 2025 – Le Chiese e le ONG dovrebbero restare attive sulle piattaforme social o abbandonarle per motivi etici? Durante il webinar “X and Meta: Should I stay or should I go?” organizzato da WACC Europe il 21 gennaio, tre voci autorevoli hanno condiviso opinioni contrastanti sul tema.
La responsabilità della società civile
Philip Lee, segretario generale di WACC Global, ha sottolineato l’importanza che la società civile assuma un ruolo più attivo nel chiedere responsabilità alle piattaforme social. Queste, secondo Lee, pongono gravi sfide alla democrazia e alla trasparenza. La loro influenza globale amplifica opinioni e contenuti con velocità senza precedenti, mentre la riduzione dell’impegno verso la verifica delle informazione e la deregolamentazione aumenta i rischi di manipolazione e diffusione di fake news.
Lee ha criticato l’uso di sistemi automatizzati, degli algoritmi, per gestire contenuti problematici e la dipendenza dalle segnalazioni degli utenti per problemi meno gravi. Ha anche evidenziato la mancanza di trasparenza nei processi di moderazione e nella gestione dei dati. Per affrontare queste sfide, ha esortato la società civile a promuovere l’alfabetizzazione mediatica, sostenere il giornalismo di interesse pubblico e contrastare le narrazioni divisive.
Rimanere con una strategia chiara
Christian Sterzik, responsabile digitale della Chiesa Evangelica in Germania (EKD), ha sostenuto l’importanza di rimanere su piattaforme come X e Meta, ma con un approccio strategico e mirato. Paragonando la complessità dei social alla parabola biblica del grano e delle zizzanie, ha evidenziato la necessità di bilanciare rischi e opportunità.
Sterzik ha consigliato di diversificare la presenza su più piattaforme per ridurre i rischi legati a cambiamenti improvvisi delle politiche aziendali o degli algoritmi. Ha ribadito che, finché operano entro i limiti legali, queste piattaforme possono servire come strumenti utili per promuovere messaggi positivi e coinvolgere la società.
Lasciare per motivi etici
Markus Eisele, direttore della Diakonie di Francoforte e Offenbach, ha invece esortato le Chiese e le ONG ad abbandonare X, descrivendola come sempre più tossica e dannosa. La sua organizzazione ha già lasciato la piattaforma, citando l’aumento dei discorsi d’odio, dei troll e della disinformazione.
Eisele ha criticato le nuove funzionalità a pagamento, che favoriscono chi ha risorse finanziarie a scapito della visibilità delle ONG. Ha paragonato la situazione a una partita di calcio in cui l’arbitro tollera comportamenti scorretti. Per lui, l’unica scelta sensata è uscire dal “gioco”.
Il dibattito continua
La situazione va quindi monitorata e costantemente aggiornata. “Le recenti attività di riposizionamento dei social – rileva Gianluca Fiusco, responsabile della Comunicazione della CELI e membro del Comitato europeo WACC – in particolare di Meta, evidenziano quanto queste decisioni, pur influenzando il flusso comunicativo sui social stessi, vengano prese senza alcun confronto con la comunità di coloro che hanno deciso di iscriversi a quei social. Decisioni assunte come necessità e politiche aziendali che, tuttavia, determinano conseguenze dirette sui profili e le pagine social, sui dati personali e la profilazione di questi dati. D’altra parte la presenza sui social delle Chiese è connessa alla responsabilità che queste avvertono nei confronti dei loro followers, delle persone che seguono le pagine e i profili. C’è talvolta la preoccupazione di lanciare messaggi poco coerenti o di chiudere il dialogo faticosamente costruito con questi utenti. Il tema è quindi ampio e merita una riflessione che non si può esaurire semplicemente nel rimanere o andar via“.
Questa discussione è parte di una serie di incontri mensili organizzati da WACC Europe, che affrontano i temi più urgenti per i comunicatori. Il prossimo evento si terrà il 18 febbraio.
Il confronto tra queste prospettive evidenzia la complessità del rapporto tra social media, etica e missione delle Chiese e delle ONG. Rimanere o lasciare dipende da una valutazione attenta dei rischi, delle opportunità e delle responsabilità verso la società.
Fonte dell'articolo, qui (in inglese).
Si ringrazia Ralf Peter Reimann, Pastore, Consigliere ecclesiastico per la comunicazione, attività digitali e internet della Chiesa Evangelica della Renania; Presidente di WACC-Europe.

Maria Jepsen: essere e lottare per il cambiamento
Roma, 22 gennaio 2025 – Maria Jepsen, ex vescovo di Amburgo, ha recentemente celebrato il suo 80° compleanno (19 gennaio scorso), riflettendo su una carriera che ha segnato la storia della Chiesa luterana.
Il 4 aprile 1992, Jepsen è diventata la prima donna vescova luterana al mondo: un evento epocale che ha aperto alla leadership ecclesiastica delle donne.
La sua elezione ha rappresentato un passo decisivo verso l’uguaglianza di genere all’interno della Chiesa. Da quel giorno il ministero episcopale poteva essere accessibile a uomini e donne su un piano di parità, incarnando i principi teologici di Martin Lutero.
Jepsen ha incoraggiato le donne di tutto il mondo a ricoprire ruoli di responsabilità, contribuendo a rendere la Chiesa più inclusiva.
Dialogo ecumenico e ascolto totale
Durante il suo mandato, Jepsen si è distinta per la sua dedizione al dialogo ecumenico e interreligioso, oltre che per la difesa dei più vulnerabili. Ha dimostrato un profondo radicamento nella Bibbia ebraica, utilizzandola come guida per le sue decisioni e la sua predicazione. Ha affrontato con coraggio conflitti teologici, promuovendo la cooperazione equa tra uomini e donne nella Chiesa.
Kirsten Fehrs, oggi Presidente della Chiesa Evangelica in Germania e già vescova luterana di Amburgo e Lubecca, ha in passato elogiato Jepsen come una pioniera coraggiosa.
Sottolineando come il suo ministero abbia dato voce a chi era escluso, spingendo per cambiamenti sociali significativi.
Una strada lunga
Nonostante il suo contributo rivoluzionario, la strada verso la piena uguaglianza rimane lunga. Ancora oggi, il ruolo delle donne nei vertici ecclesiastici non è universalmente accettato, ma l’esempio di Jepsen continua a ispirare. Come ebbe a dichiarare dopo la sua elezione, la sua missione era incoraggiare tutti a superare le strutture patriarcali e rendere la Chiesa un luogo più aperto.
Maria Jepsen si è dimessa nel 2010 per proteggere la Chiesa durante un periodo di crisi, dimostrando ancora una volta la sua integrità. Anche se si è ritirata dalla vita pubblica, il suo lascito resta una testimonianza vivente della possibilità di un cambiamento reale e duraturo.
Foto di copertina ©LWF/OCS (2017)