Roma, 17 novembre 2023 – Con l’arrivo del 25 novembre si avvieranno i 16 giorni di mobilitazione contro la violenza di genere.
La giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, da tempo, è occasione di un impegno globale per superare la violenza di genere.
Perché 16 giorni?
Questa tempistica non è frutto del caso: infatti il 10 dicembre è la giornata mondiale dei diritti umani. Ed i 16 giorni che intercorrono tra il 25 novembre ed il 10 dicembre mettono in relazione la violenza contro le donne quale violazione dei diritti umani. Violazione in special modo basata sulla violenza di genere.
La campagna fu lanciata, per la prima volta, nel 1991. Diversi attivisti, all’inaugurazione del Women’s Global Leadership Institute, si impegnarono per fare di questi 16 giorni un periodo di riflessione, denuncia, proposta, azione.

Fin dal principio furono coordinati ogni anno dal Centro per la leadership mondiale delle donne (in inglese, Center for Women’s Global Leadership). Oggi organizzazioni e singoli individui di tutto il mondo partecipano a questi 16 giorni. Tra queste vi sono molte Chiese e, in Italia, la Chiesa Evangelica Luterana è tra gli attori ecclesiastici più attivi.
E i luterani?
Grazie al lavoro della Rete delle Donne Luterane, la CELI è direttamente impegnata a mantenere viva l’attenzione sul tema della violenza sulle donne, “in tutte le sue forme, sessuale, psicologica, fisica”.
Come sottolinea Maria Antonietta Caggiano, referente nazionale della RDL, “la discriminazione non riguarda solo forme di violenza brutali e terribili, ma spesso assume forme di presenza strisciante, carsica: ad esempio nei luoghi di lavoro“.
“Nonostante i mutamenti i progressi degli ultimi anni -si chiede Caggiano- si trova pari opportunità lavorativa fra donne e uomini? Parità di retribuzione, equilibrio tra vita privata e vita professionale, presenza e partecipazione a cariche manageriali?“
Eppure, sottolinea la RDL, l’Europa, o l’ONU tra gli obiettivi dell’Agenda 2023, ha previsto il raggiungimento dell’uguaglianza di genere e dell’emancipazione di tutte le donne e tutte le ragazze.
Ho alzato la voce, non in modo da poter urlare, ma in modo da poter far sentire quelli senza voce… Non possiamo avere successo quando metà di noi rimane indietro.
Malala Yousafzai, Premio Nobel per la Pace
L’Italia, a che punto è?
Già, l’Italia. I dati dicono che nel nostro Paese il lavoro è uno degli ambiti in cui i divari di genere sono più visibili.
Molto spesso le donne incontrano maggiori difficoltà a trovare un impiego oppure a ricoprire ruoli di responsabilità e apicali. Nel nostro Paese la donna è ancora avvolta da stereotipi che la relegano al lavoro familiare e di cura. Una condizione che riguarda il 30,5% delle donne europee, quasi 10 punti percentuali più degli uomini.
L’Italia, dopo la Grecia, è il secondo Paese d’Europa per differenza di genere rispetto al tasso di occupazione. 21 punti percentuali la Grecia, 19,7 l’Italia. Due volte lo scarto medio europeo.
La legge 162/2021 ha introdotto la certificazione della parità di genere, uno strumento che permette alle imprese che promuovono il lavoro femminile di avere dei vantaggi fiscali.
Quest’anno?
Perciò i “16 Giorni per vincere la violenza” del 2023 si occuperanno non solo sulla violenza fisica, ma sulla disparità di genere nell’ambiente di lavoro.

Grazie al lavoro di riflessione della Federazione delle Donne Evangeliche in Italia (FDEI), di cui la RDL è parte, è stato realizzato un libretto (scaricabile qui in italiano): per accompagnarci “a riflettere, ad interrogarci, ad esaminare come possiamo, ognuna ed ognuno di noi, agire nel contesto sociale in cui viviamo ed operiamo“.
La Rete delle Donne luterane -sottolinea Caggiano- “vuol ribadire il proprio fermo rifiuto della violenza di genere, affermando che tale rifiuto si estende alla disparità con cui ancora le donne sono trattate in molti altri ambiti“.
Tra le diverse iniziative della Rete delle Donne Luterane, segnaliamo quella del 18 novembre a Catania dal titolo: “Il ruolo della donna nella bibbia; 30 anni di teologia femminista, è cambiato qualcosa per noi?“