Sinodo 2020

9 – 11 Ottobre 2020, Casa La Salle, Roma

„Scegliere = Wählen“

Prima sessione del XXIII Sinodo della CELI – Elezioni del Presidio e dei membri laici del Concistoro – Stabilire la rotta per il futuro – Chiesa digitale – Misure anti-pandemia

La Chiesa Evangelica Luterana in Italia dal 9 all’11 ottobre ha tenuto la prima sessione del XXIII Sinodo a Roma a porte chiuse. Il tutto con le massime misure di sicurezza anti-covid e con un programma ristretto. Sono stati rinnovati la presidenza sinodale e i tre membri laici del Concistoro. Più di quattro quinti dei membri sinodali hanno confermato la loro presenza. Nonostante il programma abbreviato, c’è stato tempo per stabilire la rotta per il futuro. Uno dei temi importanti che ha acquisito importanza, anche a causa della pandemia di coronavirus, è la chiesa digitale.

La prima sessione del XXIII Sinodo dell’ELCI, originariamente prevista dal 30 aprile al 3 maggio a Castellamare di Stabia/ Napoli, ha dovuto essere annullata a causa delle misure per limitare la pandemia di Covid.

Per la sicurezza dei partecipanti sono state adottate tutte le misure di sicurezza antipandemia. I locali hanno consentito un distanziamento di oltre un metro e i partecipanti erano tutti dotati di maschere FFP2.

Notizie e interviste

Intervista al decano della CELI, Past. Heiner Bludau

Intervista al decano della CELI, Heiner Bludau Dal 9 all’11 ottobre 2020 si riunirà a Roma, per la sua prima sessione, il XXIII Sinodo della Chiesa Evangelica Luterana in Italia. Un sinodo in formato ridotto ma, proprio per questo, un segnale forte in questi tempi difficili di pandemia: “Ci incontriamo di nuovo. Decidiamo insieme”. Più di quattro quinti dei sinodali hanno confermato la propria partecipazione ma non ci saranno ospiti. Gli argomenti sono limitati, anche se c’è molto da pensare per il futuro. Al centro come dice anche il titolo, “Scegliere = Wählen”, le elezioni del presidio sinodale e dei membri laici del concistoro. La sicurezza dei partecipanti è garantita. Distanza, mascherina, aerazione regolare dei locali. Un’intervista con il decano CELI, Heiner Bludau.

9 – 11 ottobre 2020 | 1° sessione del XXIII Sinodo | “Scegliere = Wählen” 

Sinodo digitale o in presenza. Una decisione difficile?

Heiner Bludau: In effetti, una decisione non facile, molto combattuta. Alla fine, il fattore decisivo è stata la disponibilità dei membri sinodali a partecipare.

Un sinodo che sarà completamente diverso dai precedenti…

Heiner Bludau: Esatto. Sarà caratterizzato da un’agenda più che concentrata e da molte e rigorose misure di sicurezza anti-Covid. Non ci sarà spazio per molte delle cose che avremmo voluto discutere e decidere. Il tempo a disposizione è molto limitato. Abbiamo delle scadenze da rispettare, l’approvazione dell’operato del Concistoro, l’elezione del nuovo Presidio e dei membri laici del Concistoro. Sarà un sinodo tra di noi, sempre per motivi di sicurezza abbiamo dovuto infatti rinunciare a contributi esterni con l’obiettivo di ridurre i tempi al minimo. Ma quello che conta è che ci incontreremo. E di questo sono felice. Per questo dovremmo tutti esserne grati. Per me personalmente questo “Ci incontriamo di nuovo!” è un segnale molto importante in quanto per me essere chiesa non significa solo annunciare la buona novella, la chiesa vive di comunità, la chiesa è comunità vivente.

La pandemia di Covid ha segnato fortemente l’ultimo anno della(e) chiesa(e). E ancora non si riesce a vederne la fine. L’esperienza Covid, invece, ha messo in moto molte cose…

Heiner Bludau: Al Sinodo siamo chiamati a tracciare il cammino dei prossimi anni, dobbiamo decidere cosa portare avanti, come andare avanti. Come affrontare le restrizioni ancora in atto e prevedere come reagire di fronte ad eventuali nuove misure.

All’ultimo Sinodo fu istituita una commissione digitale. La pandemia ha anticipato giocoforza molte cose che vanno esattamente in quella direzione. Qual è la sua posizione sul tema del digitale?

Heiner Bludau: Il periodo del lockdown ha dimostrato che incontrarsi come comunità in modo digitale non solo è possibile, ma può essere anche fruttuoso. È un processo che si è messo in moto per necessità, lo sappiamo. Un processo senz’altro importante per il futuro della Chiesa. Ma ora si tratta anche di riflettere su queste esperienze, riflettere insieme. Dobbiamo valutare come procedere con il digitale. Cosa è buono, cosa non lo è? Dove sono i limiti? Tutto questo non succederà da un giorno all’altro, è un processo che ha bisogno di tempo, che non bisogna forzare. Il digitale può sostituire molte cose, ma non tutto. La modalità online ha aiutato alla nostra chiesa a non perdere il senso di comunità durante la separazione sociale. Ma abbiamo raggiunto dei limiti. Dopo il Sinodo si incontrerà anche la conferenza parrocchiale e devo ammettere che sono molto felice che dopo molte videoconferenze finalmente ci si possa vedere in faccia. Il che non esclude la possibilità di continuare a vedersi anche in videoconferenza. E questo vale anche per il Concistoro. La CELI è una piccola chiesa con possibilità limitate, ma negli ultimi mesi abbiamo sviluppato una grande creatività per poter vivere e trasmettere la comunità. E questo in modi molto diversi. E devo dire che il lockdown in un certo senso ci ha avvicinati l’uno all’altro. E questo rimarrà. Ma dobbiamo anche mettere nuove radici. Dobbiamo riflettere su tante cose… E questo si fa meglio insieme, in uno scambio diretto, nel contatto diretto, uno di fronte all’altro.

Nel senso di non tornare semplicemente alla normalità?

Heiner Bludau: Esattamente. La situazione è cambiata, dappertutto. Possiamo e dobbiamo imparare l’uno dall’altro. Dobbiamo adattarci a nuove forme di contatto con le persone, non sarà più possibile pianificare certe cose in anticipo. La flessibilità è all’ordine del giorno. Questo vale anche per il nostro Sinodo, non è ancora certo al cento per cento che si terrà effettivamente. Noi siamo pronti, ma sappiamo anche che ancora il prossimo 7 ottobre può arrivare la disposizione di sospendere tutto. Anche in questo frangente dobbiamo essere flessibili ed essere pronti ad una soluzione alternativa.

Uno dei compiti della Chiesa è anche fornire punti di riferimento?

Heiner Bludau: In effetti, questo è un contributo molto importante che la Chiesa deve e può dare. La fede fornisce punti di riferimento. Il Regno di Dio non consiste nella semplice realizzazione di obiettivi politici. La prospettiva del regno di Dio ci dà sicurezza e serenità e ci permette un certo distacco dai problemi attuali. La fede è un’altra dimensione che ci permette ad affrontare le cose con una certa serenità. Il che non significa che siamo insensibili, che non partecipiamo. Ma come chiesa nell’oggi abbiamo la certezza che ci sia anche dell’altro…

Una sorta di distanza di sicurezza, ma senza distacco?

Heiner Bludau: Giusto. Siamo ben consapevoli dei problemi. Li affrontiamo. Ci facciamo coinvolgere, aiutiamo, alziamo la voce. Che si tratti della questione dei rifugiati, dove siamo molto attivi a livello nazionale e locale, o di altro, poco cambia. Solo pochi giorni fa abbiamo iniziato una campagna di raccolta fondi per la ONG Refugee4Refugees attiva nel campo di Moria, a Lesbo. Insieme alle altre chiese protestanti in Italia, nell’ambito della FCEI, sosteniamo diversi altri progetti per i migranti. L’ecologia e la sostenibilità sono delle tematiche sempre più importanti per noi. Cerchiamo di essere presenti ovunque ce ne sia bisogno. Questo dimostra la diversità dei nostri progetti: per gli anziani e i disabili, per i bambini, per le persone con un background sociale difficile, per i rifugiati… Ma in tutto questo non dimentichiamo la cultura e soprattutto la cura pastorale.

Senza voler anticipare nulla: La sua relazione per il Sinodo inizia con un appello…

Heiner Bludau: “Non temete!” Questo è anche il mio motto personale per il Sinodo 2020. Il mio credo e la mia esperienza dei mesi passati… In ogni caso, non vedo l’ora di poterci incontrare nuovamente tutti insieme il prossimo 9 ottobre!

Intervista con la tesoriera uscente, Ingrid Pfrommer

Dal 9 all’11 ottobre 2020 si riunirà a Roma, per la sua prima sessione, il XXIII Sinodo della Chiesa Evangelica Luterana in Italia. Un sinodo in formato ridotto e caratterizzato dalle misure di sicurezza ma, proprio per questo, un segnale forte in questi tempi difficili di pandemia. Al centro come dice anche il titolo, “Scegliere = Wählen”, le elezioni del presidio sinodale e dei membri laici del concistoro. Ma anche se il tempo a disposizione è poco, il Sinodo avrà da prendere delle decisioni, da fare delle scelte per il futuro. Ingrid Pfrommer negli ultimi quattro anni ha ricoperto la carica di tesoriere. Ora si candida per l’elezione a vicepresidente del Sinodo.

Lei è stata per quattro anni una specie di ministra delle Finanze della CELI…

Ingrid Pfrommer: Sono stati quattro anni molto intensi che ho vissuto con gioia. Il mio compito mi ha portato a stretto contatto con tutte le comunità della CELI e mi ha permesso di conoscere la chiesa dal basso, anche nella sua struttura. È stato un incarico di grande responsabilità e, a causa dei miei obblighi professionali, questo ha richiesto da parte mia anche una buona gestione del tempo. Ma so organizzarmi bene e ho avuto un grande sostegno da parte del decanato. Siamo stati una buona squadra nel concistoro e nelle decisioni importanti abbiamo sempre condiviso le responsabilità.

Non si candida più per il concistoro, ma rimane comunque disponibile per un incarico di responsabilità.

Ingrid Pfrommer: Credo anche in futuro di poter mettere a disposizione, in qualità di vicepresidente del Sinodo, la mia esperienza professionale. Ho cominciato ancora in Germania, nel settore dell’educazione e dei giovani in strutture protette, poi sono passata alla psichiatria per adulti e ora, da vent’anni sono membro del consiglio d’amministrazione della cooperativa Progest, che si occupa, tra l’altro, della gestione di case di riposo per anziani, gruppi residenziali per malati mentali, disabili fisici e psichici, ma anche di case per rifugiati.

Lei ha parlato di gestione del tempo. Cosa la spinge a impegnarsi in una funzione di responsabilità per la CELI, nonostante un’agenda fitta di impegni?

Ingrid Pfrommer: La Chiesa è molto importante per me. Per me Chiesa significa comunità, fiducia, condivisione, vivere la fede insieme. La pandemia con le severe norme di separazione sociale ci ha appena dimostrato quanto questo sia importante. Durante i mesi del lockdown non siamo stati in grado di vivere una vera comunità, ma ci ha anche mostrato quanto sia realmente viva questa comunità. Anche la nostra comunità di Torino, di cui sono presidente. Anche questa esperienza ha rafforzato il mio desiderio di continuare a lavorare per la Chiesa.

Tra pochi giorni partirà per il  Sinodo…

Ingrid Pfrommer: Sì. E con grande gioia. Sono lieta che la decisione di un Sinodo in presenza sia stata accolta positivamente anche dalla maggioranza dei nostri sinodali, ma ho anche piena comprensione per coloro che hanno deciso di rimanere a casa per motivi di salute e personali. Personalmente, non vedo l’ora di incontrare gli altri. A condizione ovviamente che ognuno rispetti rigorosamente le regole. Ho fiducia in questo. Incontrarsi non significa necessariamente avvicinarsi o toccarsi. Ma è diverso avere l’altra persona di fronte piuttosto che vederla attraverso uno schermo.

Intervista con il consigliere uscente Angelo Ruggieri

Dal 9 all’11 ottobre 2020 si riunirà a Roma, per la sua prima sessione, il XXIII Sinodo della Chiesa Evangelica Luterana in Italia. Un sinodo in formato ridotto e caratterizzato dalle misure di sicurezza ma, proprio per questo, un segnale forte in questi tempi difficili di pandemia. Al centro come dice anche il titolo, “Scegliere = Wählen”, le elezioni del presidio sinodale e dei membri laici del concistoro. Ma anche se il tempo a disposizione è poco, il Sinodo avrà da prendere delle decisioni, da fare delle scelte per il futuro. Per Angelo Ruggieri, membro del concistoro e sinodale della Comunità Evangelica Luterana di Torre Annunziata, sarà l’ultimo sinodo.

Dopo otto anni ha deciso di chiudere la sua esperienza nel concistoro e anche come sinodale.

Angelo Ruggieri: Devo premettere che la mia candidatura per il concistoro otto anni fa, è stato una decisione di testa e non di cuore, anche se di solito nelle faccende, diciamo, private decido con il cuore. Una componente italiana nel concistoro mi sembrava un segnale importante per l’esterno, come anche il fatto che mi sentivo come garanzia di una certa continuità al momento del cambio del decano avendo già fatto parte del concistoro sotto il vecchio decano Milkau.

Che compito aveva all’interno del Concistoro?

Angelo Ruggieri: Ho chiesto di non dovermi occupare dei rapporti con altre organizzazioni e chiese e con l’estero. Come insegnante e come coordinatore e referente delle classi ad indirizzo musicale, mi è stato già difficile garantire la mia presenza a tutte le riunioni del Concistoro. Ho scelto di proposito di potermi occupare della Rete delle Donne. Anche perché mi sembrava giusto nel rispetto della parità di genere che fosse un uomo a occuparsi di questo ambito femminile.

E com’è stata questa esperienza?

Angelo Ruggieri: Devo dire, unica! Mi si è aperto un nuovo mondo. La lotta senza fine delle donne contro la violenza, contro la disparità, la lotta per essere rispettate… Non so come spiegarlo, può sembrare strano, ma questa esperienza mi ha portato a sentirmi donna dentro. Sono entrato in una tale sintonia, che mi sono sentito addosso tutte le ingiustizie!

 Lei proviene da l’unica comunità della CELI che non ha radici tedesche.

Angelo Ruggieri: In questi otto anni ho potuto conoscere molto bene la parte tedesca in un contesto tedesco. L’italiano è comunque lingua ufficiale della CELI e le riunioni del Concistoro per lo più si sono svolte in italiano, a parte quando si trattava di discutere problematiche molto tecniche. Ma questo non è mai stato un ostacolo. Il tedesco e l’italiano fanno parte del dna della nostra Chiesa.

Cosa le hanno portato questi otto anni?

Angelo Ruggieri: Cosa mi hanno portato? Innanzitutto conoscere profondamente la nostra chiesa in tutte le sue sfaccettature e realtà. Secondo me infatti la carica di sinodale e anche di consigliere del Concistoro dovrebbe essere passata negli anni a quante più persone possibile, proprio per dare l’opportunità a molti di conoscere la nostra chiesa oltre il recinto della propria comunità. Questi otto anni mi hanno formato e arricchito, sento di aver ricevuto cento e dato cinquanta! Ho imparato molte cose sulla nostra religione e anche sulle altre chiese evangeliche. Ringrazio il Signore di avermi dato questa opportunità! E poi devo aggiungere una cosa ancora: la profonda conoscenza delle altre comunità e della vita diciamo tedesca del luteranesimo mi ha fatto crescere anche professionalmente, da musicista. Qualche anno fa ho realizzato un CD sulla musica di Lutero. Se fossi sempre rimasto a Torre Annunziata non sarei entrato in contatto con questa musica bellissima.

Ha potuto notare una differenza tra la sua comunità di Torre Annunziata e le altre?

Angelo Ruggieri: Semmai forse questo: nella mia comunità (non necessariamente chi aveva un incarico era preposto alle attività, ma lo possono fare tutti) io non ho mai avuto nessun incarico ma ho portato avanti negli anni tante cose: gli incontri domenicali, il centro, dei progetti per i giovani ecc. Secondo me è bello lasciare l’opportunità di impegnarsi anche a persone magari esterne, senza un particolare ruolo.

Intervista con la vicedecana della CELI, Kirsten Thiele

Dal 9 all’11 ottobre 2020 si riunirà a Roma, per la sua prima sessione, il XXIII Sinodo della Chiesa Evangelica Luterana in Italia. Un sinodo in formato ridotto e caratterizzato dalle misure di sicurezza ma, proprio per questo, un segnale forte in questi tempi difficili di pandemia. Al centro come dice anche il titolo, “Scegliere = Wählen”, le elezioni del presidio sinodale e dei membri laici del concistoro. Ma anche se il tempo a disposizione è poco, il Sinodo avrà da prendere delle decisioni, da fare delle scelte per il futuro. Kirsten Thiele, pastora della Comunità Evangelica Luterana di Napoli, nel 2019 è stata cooptata come vicedecana della CELI dopo il prematuro ritorno in Germania della pastora Franziska Müller.

Lei ha chiesto alla sua Comunità prima di accettare la nomina a vicedecana, un anno fa. Come si riesce infatti a combinare gli obblighi di pastora con un incarico alla guida della chiesa?

Kirsten Thiele: Non ho mai visto i miei nuovi obblighi come un lavoro supplementare, ma al contrario come un grande arricchimento. Certo, ci sono più telefonate da fare, più mail da scrivere. Ma faccio tutto il possibile per non sottrarre del tempo alla mia comunità. Con il decano Heiner Bludau ci siamo divisi i compiti. Devo dire che la collaborazione con lui è davvero ottima e preziosa, molto armoniosa, e in più abbiamo lo stesso orientamento teologico! Sono felice, grazie a questo incarico, di aver avuto la possibilità di lavorare a stretto con i presidenti e con i sinodali di tutte le nostre comunità. È emozionante vedere quanto siano diverse e piene di vita.

Il suo incarico la porta anche all’estero, la mette in contatto con altre chiese.

Kirsten Thiele: Vivo in Italia da 20 anni, sono stata ordinata pastora nel 2011 e da dieci anni faccio parte del sinodo della CELI, ma non ho mai conosciuto da vicino la realtà dell’EKD, della Chiesa Evangelica Tedesca. Lo scorso autunno sono stata ospite del Sinodo dell’EKD, un’esperienza davvero interessante e stimolante. Non da ultimo mi ha anche permesso di visualizzare dei volti accanto a quelli che per me, fino a quel momento, erano solo dei nomi.

Nel concistoro, ogni membro ha la sua specifica area di responsabilità…

Kirsten Thiele: Giusto. La mia è lo sviluppo di un pastorato CELI. Per me si tratta di un aspetto fondamentale per garantire una continuità a lungo termine alla nostra Chiesa in Italia e per compiere la nostra missione come Chiesa in questo Paese. Sono in contatto con degli studenti di teologia, con varie persone che desiderano unirsi a noi. Insieme alla commissione competente stiamo lavorando ad un ordinamento-quadro, un po’ di regole di base, insomma…

Durante il lockdown, la digitalizzazione della CELI si è in un certo senso sviluppata in modo, diciamo, spontaneo. Anche lei ha tenuto i contatti con la sua comunità tramite una quotidiana parola del giorno su WhatsApp, servizio che del resto ha mantenuto anche dopo.

Kirsten Thiele: Certo, e ora si tratta di trovare la giusta misura tra l’offerta digitale e la vita di comunità tramite l’incontro personale. Ho vissuto gli incontri digitali con i miei colleghi pastori durante il lockdown, prima a distanza di due settimane e poi una volta al mese, come un’esperienza estremamente positiva che ci ha fatto avvicinare. Conoscersi meglio l’uno con l’altro, avere la percezione dell’altro come persona, sapere come stai tu, come sta la tua comunità e tutto questo online…  Accolgo però con grande gioia il fatto che ora siamo tutti invitati ad un Sinodo in presenza a Roma, e sono anche fiduciosa riguardo alla possibilità di poterlo effettivamente svolgere. Per me l’incontro personale, in presenza, è comunque indispensabile.

Qual è la sua idea di Chiesa?

Kirsten Thiele: Per me la chiesa dev’essere sia orizzontale che verticale, perché senza il livello verticale, cioè il rapporto con il Dio vivente, l’aspetto orizzontale manca del suo potere, della sua forza. Non è sufficiente saper solo predicare in modo eccellente. Dobbiamo impegnarci di persona, riempire la chiesa di vita, nei progetti diaconali, nel vivere la comunità. Ed è per questo che non vedo l’ora di incontrarmi con gli altri al Sinodo, con la giusta distanza e nella reciproca responsabilità.

Intervista con la rappresentante legale CELI e vicepresidente del Concistoro, Cordelia Vitiello

Dal 9 all’11 ottobre 2020 si riunirà a Roma, per la sua prima sessione, il XXIII Sinodo della Chiesa Evangelica Luterana in Italia. Un sinodo in formato ridotto e caratterizzato dalle misure di sicurezza ma, proprio per questo, un segnale forte in questi tempi difficili di pandemia. Al centro come dice anche il titolo, “Scegliere = Wählen”, le elezioni del presidio sinodale e dei membri laici del concistoro. Ma anche se il tempo a disposizione è poco, il Sinodo avrà da prendere delle decisioni, da fare delle scelte per il futuro. Cordelia Vitiello, rappresentante legale della CELI si è ricandidata per il Concistoro.

Lei è rappresentante legale della CELI e vicepresidente del Concistoro, ma anche presidente dell’Ospedale Evangelico Betania di Napoli e Consigliera della Federazione Mondiale Luterana, FML. La si potrebbe definire una specie di ministra degli esteri della CELI?

Cordelia Vitiello: In un certo senso sì. La parola ministro forse non è la più appropriata però, per l’incarico che ricopro, diciamo mi interesso di relazioni istituzionali. Un’attività che, come Chiesa, dovremmo incrementare ulteriormente. Così come dovremmo rafforzare la nostra presenza nel dibattito pubblico, promuovere maggiormente il ruolo e l’attività della nostra chiesa presso l’opinione pubblica.

Nel concistoro qual è il suo ambito?

Cordelia Vitiello: A parte la rappresentanza legale, sono la referente per la comunicazione e per i rapporti con la FCEI, per gli ospedali e per la commissione stipendi. Mantengo, inoltre, i rapporti con le associazioni e le chiese, ad esempio con il DNK, con la CEC e con la Chiesa del Württemberg, e poi sono membro del consiglio della Fondazione Mondiale Luterana.

Come si approccia al sinodo in presenza, lei che ha un rapporto particolare con il Covid?

Cordelia Vitiello: La malattia mi ha particolarmente segnata. Ho vissuto una forte esperienza, sia personale che di Chiesa. La vicinanza di tanti fratelli e sorelle mi ha fatto toccare con mano la vicinanza di Dio. Sono molto felice di poter incontrare gli altri, in sicurezza e a debita distanza. Gli ultimi mesi sono stati tutti così complicati e bui. In tutto questo la chiesa, per me personalmente, è stata una luce. Poi non siamo mica tranquilli adesso. Non si capisce mica dove andremo a parare, cosa succederà da qui alla fine dell’anno. In questo mondo dominato dall’incertezza la chiesa è un punto di riferimento importante. La fede è fondamentale.

Sarà un sinodo “minimalista”? A parte le elezioni e l’approvazione del bilancio, all’ordine del giorno c’è infatti poco altro.

Cordelia Vitiello: Non esistono sinodi minimalisti. Un Sinodo è sempre importante ed è un dono di Dio, che rafforza la nostra comunità e ci indica la strada per il futuro. Senza dubbio dobbiamo fare buon uso del tempo che avremo a disposizione. Ci sono tante tematiche, imposte anche dalla pandemia. Spero riusciremo ad affrontare tutte le principali questioni all’ordine del giorno. Particolare attenzione dovremo dedicarla al tema importantissimo della digitalizzazione e di cosa significa essere chiesa digitale. Dobbiamo tenere il passo con i tempi. Io ho vissuto sulla mia pelle quanto sia importante poter stare in contatto online in una situazione di emergenza. Durante le due settimane all’ospedale, ammalata di Covid, i messaggi e le tante preghiere che mi sono arrivate, le telefonate, i messaggi whatsapp, le video chiamate mi hanno portato luce. Immagino quanto questo sia importante anche per le persone anziane, sole, distanti… e poi, non sono una teologa, ma mi sembra anche importante chiarire come vogliamo comportarci con l’eucarestia.

Chiesa e religione in generale oggi sono degli ambiti in evidente declino, soprattutto per quanto riguarda i giovani. Dove vede Lei spazi per la chiesa?

Cordelia Vitiello: Secondo me la Chiesa deve essere presente in tutti gli ambiti della società. E la nostra chiesa, per quanto piccola sia, lo fa già. Nell’impegno diaconale dove sosteniamo migranti, anziani, giovani che vengono fuori da situazioni difficili, persone con handicap, bambini. Ci impegniamo nell’ecologia. Proprio noi come chiesa di minoranza, chiesa in diaspora possiamo intervenire in modo credibile, possiamo – e lo siamo – essere un punto di riferimento. Vedo qui da me al sud, dove la CELI è presente con tanti progetti – non solo con la partecipazione all’Ospedale Evangelico Betania, un centro di eccellenza e un punto di riferimento per tante persone bisognose, donne migranti, donne Rom o per i senzatetto, ma anche con tutta una serie di interventi sociali ed anche ecologici in diversi paesi nell’hinterland di Napoli – quanto questa apertura sia importante. Impegnandosi così la chiesa vive con la gente e diventa credibile. E questo ci dà un futuro.

Intervista a Wolfgang Prader, Vice Presidente del Sinodo

Dal 9 all’11 ottobre 2020 si riunirà a Roma, per la sua prima sessione, il XXIII Sinodo della Chiesa Evangelica Luterana in Italia. Un sinodo in formato ridotto e caratterizzato dalle misure di sicurezza ma, proprio per questo, un segnale forte in questi tempi difficili di pandemia. Al centro come dice anche il titolo, “Scegliere = Wählen”, le elezioni del presidio sinodale e dei membri laici del concistoro. Ma anche se il tempo a disposizione è poco, il Sinodo avrà da prendere delle decisioni, da fare delle scelte per il futuro. Wolfgang Prader è stato per quattro anni vicepresidente del Sinodo e ora si candida come successore di Georg Schedereit alla presidenza.

Nel 2016, da new entry, per così dire, è arrivato ad una delle cariche più alte della Chiesa Evangelica Luterana in Italia. Come ha vissuto questi quattro anni?

Wolfgang Prader: Anni molto movimentati! All’inizio si è trattato di conoscere e di familiarizzare con tutto e tutti, poi ci siamo buttati anima e corpo nell’organizzazione del Sinodo del 2017. Un highlight assoluto. Il Sinodo del Cinquecentenario della Riforma a Venezia.

Come semplici membri di una delle comunità raramente si ha una visione d’insieme della struttura della chiesa. Che impressione Le ha fatto la CELI?

Wolfgang Prader: La CELI è una chiesa moderna e aperta. Molto diversificata, una chiesa che ovunque mostra presenza e interesse. Anche nei prossimi anni ci sono da prendere tante decisioni, molti ambiti diversi dove potersi profilare: il testamento biologico, il tema dell’ecologia, i rifugiati, l’impegno per i giovani e nel sociale.

Lei è ancora relativamente giovane per coprire un incarico ecclesiastico di questo tipo: è in una fase molto attiva della sua vita, un lavoro impegnativo che richiede molto tempo, due figlie giovani… Come si arriva alla consapevolezza, e alla decisione, di essere pronti per un impegno così gravoso?

Wolfgang Prader: Gli ultimi quattro anni mi hanno mostrato chiaramente come la Chiesa viva, cosa la Chiesa possa realizzare e quanta voce in capitolo abbiano il presidio sinodale e il Sinodo. Nei prossimi quattro anni c’è molto da fare. C’è la questione della digitalizzazione della chiesa, una questione strategica, dove credo di poter dare un contributo importante, anche grazie alla mia esperienza professionale nel settore dell’informatica. Si tratta di cercare i format adeguati e tante altre cose. La CELI è piccola, ma proprio per questo motivo è importante costruire una forte e fitta rete interna per poter cooperare ancora meglio. Le dimensioni ridotte possono essere anche un punto di forza! Non rischiamo di perderci in troppa burocrazia, abbiamo “brevi distanze”, nel senso che siamo in pochi e ci conosciamo. Certo, d’altro canto questo significa anche avere a disposizione delle risorse limitate e per questo motivo siamo grati dei contatti con le (grandi) chiese partner, sinergie che continueremo a sviluppare.

Il fattore tempo?

Wolfgang Prader: Non c’è dubbio, lavorare per la Chiesa richiede del tempo, e io non ne ho molto. Ma cosa significa un grande dispendio di tempo?! Si può anche investire male il proprio tempo, si può sprecarlo. Nel mio lavoro sono sempre concentrato sulla massimizzazione e su aspetti puramente economici: impegnarsi per la chiesa, farsi coinvolgere socialmente e vivere la chiesa mi arricchisce immensamente e mi apre nuove prospettive. Poi devo dire che la mia disponibilità ad una candidatura è anche una questione di fede.

La CELI per statuto è bilingue, è una chiesa di diritto italiano…

Wolfgang Prader: La CELI ha indubbiamente delle radici tedesche. Il bilinguismo fa da tramite. Siamo un punto di convergenza. La Chiesa Evangelica Luterana in Italia non è assolutamente un’associazione di nostalgici della patria. Per poter crescere, ed è nostro intento crescere, dobbiamo essere aperti ai nostri concittadini italiani. Ciò richiede un grande lavoro di pubbliche relazioni, un settore in cui dobbiamo continuare a investire nel futuro. Dobbiamo saper presentare noi e i nostri progetti, il nostro impegno nella società.

La chiesa digitale, come ha già accennato, sarà uno dei temi importanti che saranno discussi in questo serrato sinodo.

Wolfgang Prader: In un certo senso questo tema è già stato sul tappeto nella fase preparatoria del sinodo, quando si discutevano i pro e i contro di un sinodo in presenza e di un sinodo digitale. La pandemia da Covid-19 ha messo in moto delle cose interessanti. Sono molto curioso della discussione nel sinodo e del risultato. Il digitale è un’opportunità assoluta, soprattutto per la nostra piccola ma anche molto dispersa chiesa. Possiamo superare le distanze, mostrare vicinanza, raggiungere le persone a casa o in ospedale. E tutto questo senza un enorme dispendio di attrezzature. Questo sviluppo è già iniziato, non si può certo tornare indietro. Ora si tratta di trovare la forma adeguata, il come. È importante trovare non solo il format adatto ma anche la giusta misura, l’equilibrio tra digitale e analogico, e “personale”. In questo senso vedo un gran lavoro, una grande responsabilità, ma anche delle grandi opportunità.

Intervista con il Presidente uscente del Sinodo, Georg Schedereit

Dal 9 all’11 ottobre 2020, il XXIII Sinodo della Chiesa Evangelica Luterana in Italia terrà la prima seduta a Roma. Un Sinodo in formato ridotto e caratterizzato da severe misure di sicurezza, ma proprio per questo un segnale forte in questi tempi difficili di pandemia. Il focus sarà, come dice anche il titolo: “Scegliere = Wählen”, ovvero l’elezione del presidio sinodale e dei membri laici del concistoro. Ma anche se il tempo a disposizione è poco, il Sinodo dovrà prendere diverse decisioni per il futuro. L’ultima intervista prima dell’inizio del Sinodo con il presidente uscente, Georg Schedereit.

Oltre a Scegliere = Wählen, Lei ha anche un motto personale e molto attuale per il Sinodo 2020.

Georg Schedereit: “Ama il prossimo tuo come te stesso!” E questo significa per me in modo concreto e radicale: proteggere tutti i membri del Sinodo e me stesso indossando costantemente una mascherina igienizzante FFP2/FN995 sul naso e sulla bocca e tenendo PIÙ di un metro di distanziamento anche e soprattutto durante le riunioni informali nelle pause e la sera, all’interno e all’esterno.

Gravi motivi di salute l’hanno convinta a non candidarsi più, ma lei rimarrà sinodale della sua comunità di Merano. Cosa porta con sé degli ultimi quattro anni, o meglio, quattro anni e mezzo?

Georg Schedereit: Mi sono candidato alle elezioni del 2016 per un senso di gratitudine per tutto ciò che mi è stato dato finora dalla vita. Ero curioso e pronto a imparare, e credo di aver fatto un uso intensivo di questa chiamiamola “Facoltà di vita protestante applicata”. In passato non sono sempre stato vicinissimo alla Chiesa, ma anche a causa della storia della mia famiglia, vissuta sempre nell’area mitteleuropea di frizione tra cattolicesimo e protestantesimo, tra Prussia orientale, Tirolo, Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia, mi sono sempre sentito legato a questa Chiesa, anche all’insegna del motto “avere fede significa dubitare”. E in questi ultimi anni, con tutti i miei dubbi, ho guadagnato in spiritualità.

Avvincente è una parola che occupa un posto importante nel suo vocabolario… 

Georg Schedereit: In un certo senso sì, e sinodo e chiesa sono molto avvincenti! Come lo è il vivere consapevolmente il modo sinodale così come lo intendiamo noi luterani, in differenza con altre strutture più autoritarie, sommato alla proverbiale, per me molto feconda, cultura protestante del confronto.  In questi anni ho continuato a ribadire l’indipendenza e la sovranità del Sinodo, forse più di quanto il concistoro fosse abituato fino adesso. Il Sinodo è il massimo organo decisionale della Chiesa Evangelica Luterana in Italia secondo i suoi Statuti! Sono orgoglioso del lavoro svolto dai membri sinodali in questi anni. Della loro energia, della loro perseveranza, delle sedute notturne… Noi protestanti abbiamo nel nostro dna l’idea della riforma. Siamo tanto riformatori del mondo, inteso anche in senso lato, come l’orizzonte della nostra azione vicina, quanto anche riformatori di noi stessi, nel senso di un continuo mettersi alla prova. Tutto questo include la cultura del dibattito, se necessario anche acceso, come anche la disponibilità di ammettere gli errori.

Cosa è stato particolarmente importante per lei in questi anni? 

George Schedereit: Innanzitutto il Sinodo nel 500° anniversario della Riforma nella nostra comunità più antica, Venezia, che è anche la mia città natale. Poi la promozione della comunicazione in generale e bilingue in particolare. Questo è il nostro biglietto da visita, e devo dire che siamo migliorati enormemente. Anche le mozioni dell’ultimo minuto vengono ora tradotte immediatamente, in modo che ogni sinodale possa consultare i documenti nella propria madrelingua. A mio parere, questo è un presupposto fondamentale per la vita sinodale. La CELI è bilingue per statuto, ma siamo una chiesa di diritto italiano. La nostra chiesa luterana non è ospite in Italia, ospiti sono invece i nostri pastori, che sono socializzati e formati nelle loro chiese nazionali tedesche, che portano cose nuove e ci arricchiscono, come viceversa la CELI e le sue comunità in Italia arricchiscono loro. Era mio intento durante il mio mandato visitare tutte le 15 comunità, anche a mie spese. Ci sono quasi riuscito. Questo mi ha permesso di avere una visione della vita quotidiana della nostra Chiesa. In più ho usato questi quattro anni e mezzo per approfondire i contatti ecumenici, con associazioni e anche transfrontalieri, che a mio parere sono di grande importanza.

Cosa augura al suo attuale sostituto e candidato alla sua successione, Wolfgang Prader?

Georg Schedereit: Ho sempre cercato di fare in modo che lui, come mio vice, avesse tutto il materiale a disposizione, che fosse aggiornato su tutto ciò che facevo e che pensavo. È ben introdotto. Gli auguro soprattutto una buona gestione del tempo; se preso sul serio, questo incarico comporta davvero un notevole dispendio di tempo! Auguro a lui e anche ai nuovi membri del Concistoro molto successo e lealtà ai principi protestanti. E poi mi permetta di concludere con una piccola provocazione…

Una provocazione?

Georg Schedereit: Sì, a modo di mindmap, anche riguardo al motto del nostro sinodo, Scegliere = Wählen. Vedo il Sinodo come una specie di confederazione, non vedo la CELI come una chiesa compatta con un’unica dottrina e un’unica visione. Molte persone che negli anni hanno deciso di aderire a questo nostro mondo luterano non sono luterani al cento per cento. La CELI vive di questa molteplicità evangelica che trascende i confini e la dottrina. Abbiamo tra i nostri membri sudamericani, olandesi, svizzeri, riformati, luterani, calvinisti, seguaci di Zwingli, ex cattolici… “Essere cristiani non significa parlare di Gesù Cristo, ma vivere come ha vissuto lui”, ha detto Zwingli. A ciascuno il suo modo. E a proposito di “Scegliere = Wählen “, questo dirò anche nella mia relazione al Sinodo, penso che siamo chiamati a scegliere tra

  • speranza e disperazione
  • fiducia e diffidenza
  • filantropia e misantropia
  • veridicità e ipocrisia
  • autoironia e autoelevazione
  • umorismo e narcisismo
  • chiusura e apertura al mondo
  • fede e paura

Nicole Dominique Steiner

Relazione di commiato del Presidente sinodale Georg Schedereit – Sovranità del Sinodo

Una relazione finale in dieci punti e, come sempre, un discorso molto personale. Dopo quattro anni e mezzo, Georg Schedereit si è congedato da presidente del Sinodo della Chiesa evangelica luterana in Italia. Motivi di salute lo hanno portato a non mettersi a disposizione per un secondo mandato. Prima che i partecipanti alla prima sessione del XXIII Sinodo eleggessero Wolfgang Prader come suo successore, Schedereit ha fatto rivivere le esperienze degli ultimi anni rivelando anche la sua personalissima concezione dell’essere luterano.

Il presidente del sinodo, Georg Schedereit, ha vissuto gli ultimi quattro anni come una significativa apertura di orizzonti: una lettura intensa dei testi sacri, la spiritualità, la conoscenza delle 15 comunità di questa piccola chiesa nella diaspora, ognuna così diversa dall’altra ma tutte molto vitali. La neutralità per lui è sempre stata un valore importante, per lo meno quanto l’insistenza sulla sovranità statutaria del Sinodo e sulla democrazia di base.

Grazie alla molteplicità e alla diversità vissuta in vari ambienti, ha sottolineato il presidente uscente, la CELI gli è apparsa sempre più come una confederazione, un tetto piuttosto che una chiesa nazionale. Il pluralismo, così Schedereit nel suo commiato, non è soltanto caratteristica importante del protestantesimo in generale, ma anche in particolare  della Chiesa Evangelica Luterana in Italia, una chiesa destinata a fare da ponte tra Italia e Germania, chiesa in Europa.

Nei quattro anni del suo mandato, Schedereit ha vissuto come opportunità il fatto di poter svolgere un ruolo decisivo nell’organizzazione del Sinodo 2017, in corrispondenza con il Cinquecentenario della Riforma. Una degli obiettivi raggiunti è stata l’istituzione di una comunicazione bilingue per corrispondere meglio non solo allo statuto della CELI, ma anche all’ anima bilingue e biculturale della CELI, tra le origini tedesche e la realtà italiana.

Infine, Schedereit ha espresso quattro auguri al suo successore Wolfgang Prader: una buona gestione del tempo, fermezza, neutralità e una sana cultura protestante del dibattito. Dai sinodali Schedereit si è congedato con un sincero apprezzamento: “Vorrei congratularmi con il nostro Sinodo, e non senza un certo orgoglio: per il vostro impegno, la vostra passione, per la preparazione e la competenza che ho sperimentato con voi negli ultimi quattro anni e mezzo. Anche per la vostra ben radicata cultura protestante del dibattito e la capacità di affrontare in modo aperto i conflitti”.

In quanto al tema del sinodo, „Scegliere = Wählen“,  il presidente uscente ha voluto far riflettere i sinodali, confrontandoli con una serie di opposti: „Tutta la vita è una scelta: Il diritto del più forte o l’amore per il prossimo; avidità o generosità; falsità o sincerità; etnocentrismo o etica mondiale, la scelta tra una via davvero sinodale o una via autoritaria…

E come ultimo e anche commosso saluto un sincero “grazie” a tutti i consinodali e, nei tempi di pandemia, un ”prendetevi cura di voi”.

La relazione del decano della Chiesa Evangelica Luterana in Italia, Heiner Bludau

“Non temete!” Con questo appello, inteso come espressione di gratitudine e non di paura, il decano della CELI, Heiner Bludau ha voluto iniziare la sua relazione sulle attività degli ultimi 18 mesi. Gratitudine per essere riusciti ad incontrarsi di nuovo, e poi gratitudine – dopo mesi davvero bui – per un futuro che torna a fare capolino, tanto sul piano personale, quanto sul piano collettivo, come futuro della Chiesa Evangelica Luterana in Italia. La pandemia e la digitalizzazione, la situazione della CELI e delle comunità CELI, le elezioni, le finanze, la diaconia, l’ecologia e la sostenibilità sono stati i temi più importanti.

Il 2020 è stato caratterizzato da sospensioni a tutti i livelli. Sospensione di incontri in commissioni ecclesiastiche ed ecumeniche, anche transfrontaliere, sospensione di eventi, iniziative, culti, conferenze pastorali, incontri e seminari.  La pandemia da coronavirus ha messo in lockdown tutto, anche la chiesa. Tuttavia, secondo Bludau, “la vita ecclesiastica non si è fermata”. La CELI ha seguito e continua a seguire rigorosamente le linee guida del governo. Anche per quanto riguarda il sinodo. Nelle comunità e a livello della CELI, ha detto il decano, è stato possibile trovare soluzioni alternative e creative per vivere comunque la dimensione collettiva. Quotidiane “parole del giorno”, culti scritti e digitali, messaggi WhatsApp, telefonate, incontri digitali… Anche i contatti con le chiese partner sono stati mantenuti. La raccolta fondi avviata dalla CELI a favore dei due ospedali protestanti di Genova e Napoli e dell’ospedale Giovanni XXIII di Bergamo è stata un grande successo. La pandemia ha messo in moto qualcosa, che sarà discusso anche durante il Sinodo: la digitalizzazione della Chiesa, nel senso della ricerca di format adeguati per utilizzare i nuovi media come chiesa. Heiner Bludau: “La nostra Chiesa, come comunità di credenti in Gesù Cristo, può e deve certamente utilizzare le possibilità tecniche per rimanere in contatto e coordinarsi anche in situazioni difficili e a distanze; ma se rinunciasse completamente agli incontri, comprometterebbe il suo carattere di comunità.”

Situazione CELI e pastori CELI

Dall’ultimo Sinodo del maggio 2019 ad oggi, in un terzo delle comunità è avvenuto un cambio di pastore, ovvero a Venezia, Verona, Firenze, Sicilia, Milano ed anche a Torre Annunziata. La pastora Kirsten Thiele è stato cooptata come vicedecana al posto di Franziska Müller. In futuro la CELI vuole provvedere ancora di più a promuovere la formazione di propri pastori CELI in Italia.

Elezioni:

La prima sessione del XXIII Sinodo è un sinodo elettorale. I cambiamenti ai vertici sono importanti: vanno rinnovati il presidio sinodale e i tre membri laici del concistoro. Nell’estate del 2019 il concistoro ha nominato una commissione per la ricerca di candidati con le seguenti linee guida: candidati provenienti da diverse comunità, un giusto equilibrio tra candidati di sesso femminile e maschile, la presenza di candidati di origine italiana. Un altro criterio auspicato dal Concistoro è stato che le persone in questione abbiano già una certa esperienza non solo in posizioni di responsabilità nelle loro comunità, ma anche, se possibile, in relazione alla CELI e al Sinodo.

Finanze:

l’ 8xmille è la principale fonte di sostegno della CELI. Negli ultimi anni i fondi 8xmille hanno continuato a diminuire, e anche per il prossimo futuro, a causa della crisi post-pandemica, sperare in un’inversione di rotta sembra audace. Da un lato, sottolinea il decano, sarà quindi necessario riflettere su come limitare le spese, dall’altro bisognerà prevedere finanziamenti alternativi per i progetti finora sostenuti con l’8xmille. In questa situazione i generosi sostegni da parte della Chiesa del Württemberg e della Federazione Mondiale Luterana, sono un aiuto prezioso. La pubblicizzazione dell’8xmille ha dei limiti, ma grazie all’aumento del lavoro di pubbliche relazioni e comunicazione, i progetti finanziati con l’8xmille sono stati portati all’attenzione di un vasto pubblico. Molto adeguato secondo il decano anche il progetto degli otto video su progetti, ma a causa del lockdown solo cinque brevi video hanno potuto essere realizzati, mentre un sesto è in corso di realizzazione (http://www.ottopermilleluterana.org/).

Diaconia:

La CELI ringrazia per l’impegno e l’ottimo lavoro svolto nell’ambito sociale negli ultimi anni, per  la creazione di una rete tra i referenti diaconali delle singole comunità e la promozione di diversi progetti diaconali, portati avanti da Daniela Barbuscia. In futuro sarà Barbara Panzlau, diacona e da molti anni responsabile della Missione Marittima Evangelica a Genova, il primo progetto da sempre sostenuto con fondi 8xmille della CELI, a coordinare la rete dei referenti della diaconia a titolo non onoroso. Sono numerosi i progetti diaconali nelle aree più diverse sia a livello comunitario che a livello CELI: rifugiati, anziani, bambini e giovani, persone bisognose con un difficile background sociale.  Nel solo Golfo di Napoli, in sostituzione dell’impegno CELI nella scuola Gesù di Nazareth, sono stati realizzati quattro progetti diaconali.

Ecologia e sostenibilità:

Il sinodo dell’anno scorso si è concluso con un forte impegno per la sostenibilità e l’ecologia. Nel frattempo, è stata messa online una pagina Internet al riguardo con ancora pochi contenuti, e poche iniziative sono state concretizzate. Lo slancio iniziale è stato frenato anche dalla pandemia. “I problemi del riscaldamento globale e dell’ecologia sono fattori che stanno diventando sempre più importanti”, ha avvertito il decano Heiner Bludau concludendo con un monito: “Da piccola chiesa che siamo non possiamo certo risolvere questi problemi, ma non dovremmo nemmeno chiudere gli occhi davanti ad essi, dovremmo invece riflettere su quale possa essere il nostro contributo specifico”.

Federazione Luterana Mondiale:

Il decano ha concluso la sua relazione con un’anticipazione sul giugno del 2021: La Federazione Luterana Mondiale ha chiesto alla CELI di organizzare insieme la sua prossima assemblea, che si svolgerà a Roma. Al termine è prevista una manifestazione ecumenica in memoria della Dieta di Spira del 1521 in Vaticano, alla quale parteciperà anche la CELI.